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Testi di Gino Adamo - Data ultima revisione: 3 Dicembre 2001 Pagina realizzata da Luigi Farina (lfarina52@hotmail.com) |
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L’imperatore romano Eliogabalo (Roma, 204-222), notoriamente uomo di dissoluti costumi (fra l’altro, apertamente omosessuale, ricorreva spesso a travestimenti femminili), era solito bandire sontuosi banchetti, durante i quali faceva servire vivande esotiche rare o addirittura sconosciute (come lingue di pappagallo o di usignolo). A volte elargiva come ornamento dei cibi perle ed altre pietre preziose. D’estate poi, quando faceva preparare le mense, pretendeva che ogni giorno il colore predominante delle portate fosse diverso. A sorpresa, faceva talora piovere dai soffitti a cassettoni girevoli piogge di petali di fiori sui commensali sdraiati sui triclini. Andava matto per un tipo di vino rosato aromatizzato con le pigne, e ne faceva riempire addirittura la piscina del palazzo imperiale, invitando il popolo a berne a volontà. Chi era invitato a questi fastosi banchetti, a seconda dell'umore dell'imperatore, poteva beneficiare di munifici doni, estratti a sorte. Altre volte il commensale, intento a gustare i cibi più prelibati, era preso da vero sgomento e terrore dall’improvviso ingresso nelle sale di leoni, orsi e leopardi addomesticati. Salito al trono nel 218, appena quattordicenne, Eliogabalo regnò per soli quattro anni, ma lasciò di sé l’immagine di un tiranno effeminato e corrotto. Con lui la dignità imperiale toccò il fondo della degradazione. Assurto al potere per volontà dell’esercito, fu dai soldati alla fine detronizzato e ucciso, e il Senato fu ben felice di essersi disfatto di un simile imperatore, che aveva attentato in ogni modo alla nobiltà della propria casta. Per chi vuole approfondire l’argomento, segnaliamo: - Svetonio, “Le vite dei dodici cesari” (Longanesi, 1970) -S. Hay, “The Amazing Emperor Heliogabalus” (Oxford Press,London 1911)
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