Articolo inserito da Eduardo Cagnazzi il giorno 15/01/2018 alle ore 20.15.08
Non c'è traccia di pomodoro cinese sulle tavole degli italiani.
Di cinese c'è solo, ed in parte, nell'1,5% che rappresenta il mercato dei derivati e che viene rivenduto in larghissima parte sui mercati esteri.
Passate, polpe e pelati, l'98,5% dell'oro rosso prodotto, è Made in Italy. Lo chiarisce l'Anicav, l'Associazione degli industriali conserve alimentati e vegetali: pomodori pelati, passata, pomodorini e polpa possono essere prodotti solo da pomodoro fresco che deve essere lavorato in azienda entro 24/36 ore dalla raccolta. "Lavorare prodotto fresco proveniente da altri Paesi sarebbe impossibile per la distanza, oltre che antieconomico per l'impatto sui costi. Non c'è alcuna possibilità di trarre in inganno il consumatore: ipotizzare, infatti, che tali derivati possano essere ottenuti da un semilavorato, quale il concentrato cinese, è come pensare di poter trasformare una bottiglia di vino in 30 grappoli d'uva".
L'Anicav fuga così ogni sospetto contenuto nel libro-inchiesta "Rosso Marcio" di Jean Baptiste Malet, collaboratore di Le Monde e Charlie Hebdo. Secondo Malet sulle tavole degli italiani arriverebbe per essere consumato anche pomodoro cinese. E di qualità non certamente pregiata rispetto al prodotto Made in Italy.
"Il concentrato di pomodoro è una commodity e, pertanto, può essere prodotto ovunque con standard qualitativi equivalenti. Le aziende italiane trasformano mediamente oltre 5 milioni di tonnellate di pomodoro fresco all'anno e importano circa 200mila tonnellate di concentrato di pomodoro da diversi mercati mondiali, quali la Cina, gli Usa, la Spagna, il Portogallo e la Grecia. Viene però rilavorato e le aziende italiane ne esportano più del doppio! Pertanto, la produzione e la rilavorazione del concentrato è destinata essenzialmente al mercato estero, generando un volume di affari di circa mezzo miliardo di euro e qualche migliaia di occupati. Una maggiore produzione agricola di pomodoro, quindi, dovrebbe essere favorita da un sostanziale incremento dei consumi di derivati più direttamente legati al made in Italy, come i pelati e la polpa di pomodoro, oltre che alle passate". Gli industriali ribadiscono di aver sempre ritenuto fondamentale il dialogo con tutta la filiera per incrementare la produzione di qualità e favorire la conquista di nuovi mercati. "L'industria è disponibile a qualsiasi ragionamento sulla trasparenza in etichetta, nella consapevolezza che una norma che vale solo per l'Italia avrebbe un'efficacia molto relativa". E a testimonianza di ciò ricordano che proprio da loro è partita la proposta di etichettare l'origine del prodotto e di estendere, a livello comunitario, l'obbligo di utilizzare esclusivamente pomodoro fresco per la produzione di passata. Infine, rilevano che "la denominazione dell'alimento comprende o è accompagnata da un'indicazione dello stato fisico nel quale si trova il prodotto o dello specifico trattamento che esso ha subito (ad esempio "in polvere", "ricongelato", "liofilizzato", "surgelato", "concentrato", "affumicato"), nel caso in cui l'omissione di tale informazione potrebbe indurre in errore l'acquirente".
Eduardo Cagnazzi
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