Vesi: "La vera pizza napoletana prevede la farina macinata a pietra. Ma non sono contrario a quella di grillo". articolo inserito su spaghettitaliani da Eduardo Cagnazzi
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Articolo inserito da Eduardo Cagnazzi il giorno 22/03/2023 alle ore 17.18.01

Vesi: "La vera pizza napoletana prevede la farina macinata a pietra. Ma non sono contrario a quella di grillo".

 

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Pizza con farina di grillo? Il maetsro pizzaiolo Giuseppe Vesi, non la boccia. Anzi: "Userei la farina di grillo, per due motivi: il primo è che farebbe parte della mia filosofia di evoluzione e ricerca; il secondo è che preferisco quel prodotto a tanti altri, come alcune marche di wrustel che se vedo come sono realizzate mi vengono i brividi. Poi se vogliamo parlare della vera pizza napoletana, quella che rispetta i canoni classici dobbiamo parlare esclusivamente di prodotto macinato a pietra, quello che oggi uso correntemente nei miei locali".

Così Vesi fa l'occhiolino alla innovazione sempre nel rispetto rigoroso dei canoni classici della tradizione. Perché la ricetta di tradizione resta quella del '700. "Agli albori -spiega lo chef- la farina raffinata non esisteva, perché non esistevano i molini a cilindro, ma solo le macine a pietra. Per cui, per riprodurre quei sapori originali bisogna necessariamente utilizzare una farina non raffinata, quella che uso oggi. Questo tipo di farina, la base per ottenere una pizza salutare e gustosa, è un po' più grossolana di quella macinata a cilindri, perché i frammenti sono di dimensioni meno regolari. In generale è più saporita, più nutriente e più digeribile. Questo accade perché la farina macinata a pietra mantiene intatte tutte le proprietà benefiche del chicco e tutti i suoi nutrienti. Ma non è solo una questione di benefici. Infatti, la presenza di queste proprietà è capace di influenzare perfino il gusto e il profumo della farina stessa, e di dare forza e ricchezza diverse. E i nostri avi lo sapevano bene. L'innovazione 'gourmand' è stata introdurre tanti topping gradevoli, originale e attuali".

E proprio come mani che affondano nella farina tornando indietro nel tempo la storia della pizza affascina anche per tanti altri aspetti. Perché il disco di pasta è nato e continua ad essere un prodotto per il popolo. Non a caso le prime versioni erano vendute ai passanti e il successo nelle vendite era decretato dai venditori ambulanti. Di questi sono arrivate fino a noi i campionari di "voci" che gridavano per strada: ad esempio 'O tengo cavere e chino 'alice. Si trattava di un calzone ripieno di alici. La datazione all'incirca di questo periodo di diffusione della pizza venduta per strada ce la da la moneta con cui si pagava. Infatti una delle voci era "'Na pubbreca, 'na pubbreca", ad indicare il costo della mercanzia. E qui, senza dubbio, possiamo datare quella "voce" al 1700 e per tutto il secolo, perché la "pubblica" era la moneta di rame del regno di Napoli, in dialetto "pubbreca", emessa a partire dal 1599, del valore di 1 tornese, che poi dal 1624 ebbe valore di 6 tornesi. I venditori ambulanti portavano la pizza in giro all'interno di una specie di "stufa", detta trocchianiello. Sottobraccio l'ambulante portava 'o lanzuno, un tavolino pieghevole che, alla bisogna, che veniva aperto e dove venivano appoggiate le stufe. La pizza poteva anche venire venduta a fette. Certo, era legata al mare e non a caso una delle più consumate pizze all'epoca era proprio la marinara. Ma, forse, la "madre" di tutte le pizze è la mastunicola: una sorta di focaccia condita con olio o strutto, che all'epoca si usava tantissimo, basilico e origano. Qualcuno ne fa addirittura risalire le origini tra il '400 e il '500. Ma la pizza è popolare e sulle sua nascita con le varie evoluzioni, non siamo mai certi se si tratti di storia o leggenda,

Eduardo Cagnazzi

 

 

 

 

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