Marzo

2003

Spaghetti Italiani - Portale di Gastronomia

Marzo

2003

 

 

Introduzione alla Rubrica e indice di tutti i numeri

 

31 Marzo – Cronaca dalla prima nazionale e intervista ai protagonisti

 

Il fiore del dolore

(Il martirio di Padre Puglisi)
 

di Mario Luzi

 

con: Giulio Brogi, Gianna Giachetti

Stefania Blandeburgo, Umberto Cantone, Aurora Falcone, Filippo Luna

Liliana Paganini, Gian Paolo Poddighe, Antonio Raffaele Addamo

Antonio Silvia, Pippo Spicuzza, Alfonso Veneroso 

 

scene, costumi e regia di Pietro Carriglio

musiche Matteo d'Amico

dirige l'Orchestra Carmelo Caruso

 

produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo

 

Scheda dello spettacolo

 

si ringrazia:

TEATRO BIONDO

STABILE DI PALERMO

PALERMO

E-mail: info.teatro@teatrobiondo.it

www.teatrobiondo.it

Sono passati 10 anni da quel giorno, era il 15 Settembre del 1993, in cui quel piccolo prete di borgata, Don Pino Puglisi, veniva brutalmente ucciso, diventando così una figura simbolo per chi combatte l’illegalità dalla base. Tuttavia gli interrogativi sono ancora vivi oggi come ieri, e questi interrogativi sono la base portante di questo spettacolo teatrale in versi, dove anche la musica sembra interrogarsi e pregare insieme.

Il teatro è tutto un palcoscenico ideale con gli stessi spettatori che diventano comparse, facendo quasi da sostegno alla croce disegnata fra le poltrone e dove i personaggi si incontrano e si scambiano i loro dubbi e le loro ipotesi, mentre sul palco si intrecciano muri di corde, quasi a rafforzare l’intreccio dei dubbi e delle ipotesi stesse.

Luzi con i suoi versi ci trascina affrontando le problematiche nate da quel fatto di sangue viste da tutte le forze coinvolte, dalla stampa alla magistratura, dal clero ai palermitani, in un crescendo quasi musicale, che fa quasi da accompagnamento alle due conversioni che sono alla base di tutto lo spettacolo. La prima è quella del pubblicista, che arrivato a Palermo per “interpretare” un fatto di cronaca, diventa prima un attento osservatore, un “orecchio di Dionisio” come lui stesso si definisce, e alla fine si converte alla realtà palermitana del dubbio, mutando da osservatore a interprete della storia stessa. La seconda conversione, quella più profonda, è quella del sicario reo confesso, che fra le mura della sua fredda cella, prima si tormenta, poi si pone delle domande e alla fine trova la conversione con il perdono dalla stessa sua vittima, che lo aiuta a raccogliere “il fiore del dolore”.


INTERVISTA AI PROTAGONISTI

di Luigi Farina

  

Sono le 19 e mi trovo dietro le quinte nello spazio dedicato ai camerini del Teatro Biondo di Palermo nell’intervallo fra lo spettacolo delle 17 e quello delle 21 di lunedì 31 e vengo accolto con molta disponibilità e curiosità da tutti gli attori presenti, allora decido di non fare un’intervista ad un solo attore ma di rivolgere un paio di domande ad ognuno di essi, anche perché così si potrà meglio comprendere lo spirito dello spettacolo. 

 

Giulio Brogi (voce fuori campo e cardinale): A lei è affidato un doppio compito, nel prologo dà voce a padre Puglisi, mentre nel finale interpreta il cardinale. Con che animo si è avvicinato a due personaggi così diversi fra loro?

I due personaggi sono in realtà lontani come servitori degli uomini, tuttavia sono vicini come servi di Dio. E’ chiaro che hanno itinerari diversi.
Padre Puglisi era immerso nel popolo, vivendone le emozioni, le miserie e le ansie, trovandosi più a contatto di gomito e dovendosi confrontare con esso minuto per minuto, attimo per attimo. Il cardinale, invece, è comunque un po’ più staccato dal quotidiano del suo gregge e quindi lo guarda con posizione più critica, meno partecipe, meno emotiva. Ho cercato quindi di tirare fuori dal primo personaggio, da quel prete piccolo, ma figura immensa, grandissima, che viveva a stretto contatto con la miseria umana, questa sua forte umanità, dall’altro ho cercato di tirar fuori il momento politico e critico.

Gianna Giachetti (madre Vincenza): In platea è disegnata una croce, cosa simboleggia e quale è il messaggio che ci vuole dare il poeta?

La croce in sala simboleggia la salvezza. Il mio personaggio si aggrappa alla fede, cerca le sue risposte e affida le sue speranze al disegno divino. Accettarlo è fondamentale, per scoprire inoltre i propri errori e cercare di crescere sempre. Mi sono avvicinata a questo personaggio con passione e non è la prima volta che affianco un ministro del bene così grande come Padre Puglisi, infatti in passato ho interpretato la perpetua di Don Milani, dove ho capito che per stare al fianco di grandi uomini di chiesa si deve essere per forza forti e determinati, e questa forza ho cercato di dare anche a madre Vincenza, che anche se si rifugia nella preghiera e nella fede lo fa con fermezza, nella ricerca sempre della salvezza.

Alfonso Veneroso (sicario): In un crescendo di ipotesi e di dubbi il sicario ha la sua certezza. Il suo unico scopo diventa l’attesa del “giudice” che lo aiuti a raccogliere “il fiore del dolore”. Quale messaggio possiamo raccogliere noi?

Non è che il carnefice non ha dubbi, sente il dolore, alla fine è l’unico personaggio che elabora il dolore. La morte di una persona in un modo così brutale diventa, anche per i credenti, un mistero nel disegno divino. Tutti cercano di capire ma non riescono, solo il prete si avvicina dicendo “Il mistero della profezia non si può conoscere”. Per paradosso l’unico che lo prova sulla sua carne è il sicario, che toccando il fondo trova Dio, elaborando il fiore del dolore, dapprima con rabbia verso se stesso, poi con rabbia verso gli altri e alla fine dicendo “Odorerò quel fiore e rinascerò” capisce che elaborando il dolore si arriva all’amore, al perdono, alla conversione e che bisogna soffrire per dare.

Umberto Cantone (opinionista): Il suo personaggio si trasforma pian piano da osservatore esterno a un tassello del puzzle che è la realtà palermitana. Lei da uomo come lo ha vissuto?

Bisogna intanto sottolineare che l’atteggiamento dell’opinionista, rispetto a questa realtà che subito si dimostra complessa e non facilmente interpretabile, è lo stesso di Luzi, e devo dire anche il mio. Accettare la complessità non è sfuggire dalla realtà, ma è un atteggiamento critico che può alla fine avvicinare alla verità. E ciò sposa benissimo con la realtà di Palermo, io da palermitano la vivo e so benissimo che è una realtà complessa. Il personaggio rimane incantato dal mistero del bene, più che dal mistero del male, e avvertire ciò lo porta a sentire vivo qualche cosa che ha a che fare con lo spirituale, con l’anima.

Liliana Paganini (Annarosa): Lei rappresenta la Palermo che si pone domande angoscianti sul suo stato, ma con consapevolezza, al punto che sembra diventare il dono più grande lasciato da Don Puglisi. E’ forse questo il messaggio che il poeta ci vuole dare?

Il poeta ha scritto questo personaggio ispirandosi alle signore dell’alta borghesia, che sono molto consapevoli e usano una grande speculazione intellettuale sugli avvenimenti. Non rimangono avulse dal sociale, usano tutti gli strumenti che hanno per cercare di capirlo. Don Puglisi ha dato in più con la sua morte il bisogno di riflettere, la città si è interrogata, non era un mafioso che veniva ucciso, non era un politico, non era un uomo qualunque, era una persona impegnata nel sociale, un religioso, che non doveva assolutamente essere toccato.
 

IL RAPPORTO CON LA CUCINA E IL CIBO

Durante lo spettacolo si parla di spaghetti, il pubblicista gusta una fetta di cassata, e si vedono camerieri che portano tazze di caffè e bibite. Qual è il suo rapporto con la cucina e il cibo?

Giulio Brogi: Il mio rapporto con la cucina ed il cibo è molto godereccio e amo molto la tavola come un momento conviviale e di aggregazione con gli amici, tuttavia sono più un bevitore che un mangiatore. Per quanto riguarda il cucinare a casa mia a Verona ho un forno a legna e cucino spesso il pane, e poi mi riesce bene un dolce casalingo, che ho imparato a fare da mia madre, una focaccia, tipica di Verona, molto semplice a base di farina, burro, uova e zucchero.

Gianna Giachetti: Io ho cominciato a recitare da giovane e il mio rapporto con la cucina è stato quasi sempre legato alla ricerca di ristoranti e trattorie che offrissero una cucina regionale più genuina possibile. Non sono una bevitrice, non bevo nemmeno lo spumante, amo molto i

vegetali e se posso non mi cibo di carni. Sono molto legata alla cucina Toscana, anche se girando in lungo e in largo l’Italia ho potuto apprezzare le diverse cucine regionali.

Alfonso Veneroso: Il mio rapporto con la cucina e il cibo è un rapporto direi erotico, e per me è stato sempre un piacere profondo, prima sfruttando mamma, nonna o fidanzata, poi quando per lavoro mi sono trovato da solo ho imparato a cucinare e a ricercare la buona cucina. Sapere cucinare per me è un modo di volermi bene, amo la cucina schietta, ricca e semplice allo stesso tempo, amo molto il piccante e faccio molto uso di peperoncino. Amo da palermitano la semplicità fantasiosa della cucina siciliana. Mentre faccio teatro per ovvi motivi mi trattengo, ma quando è finito mi scateno.

Umberto Cantone: La cassata che io assaggio durante lo spettacolo ha qualcosa di misterioso, è la metafora del pesante leggero, ed è diventato un po’ il marchio della nostra città. D’altra parte io ho un rapporto “erotico” con i dolci e poi sono convinto che i dolci palermitani sono il massimo, abbiamo una grande pasticceria. Ho poco

tempo per cucinare, e viaggiando per l’Italia ho imparato l’arte della ricerca del buono, sono diventato insomma un grande esperto di strategia alimentare fuori sede. Sono fine convinto che il cibo ha a che fare con il gusto, quindi appartiene al campo dell’arte.

Liliana Paganini: Io ho un rapporto meraviglioso con il cibo, mi piace sia mangiare che cucinare, in più uso leggere libri di ricette ed immaginare i piatti. Cucino nei limiti delle mie possibilità sia nel tempo che nelle capacità, non mi metto in imprese tipo pasta all’uovo o soufflè, ma realizzo ricette di media difficoltà. Mi piace e mi rilassa, per cui cucino sia per me e per mia figlia, sia anche per altri. Sono romana, ma vivo a Palermo da circa 5 anni ed ho quindi imparato ad apprezzare la cucina siciliana, molto ricca e “golosissima”.


 

Ringraziando mi commiato dalla compagnia che mi ha accolto con tanta simpatia e con tanta disponibilità.

Realizzazione: Luigi Farina ( lfarina52@hotmail.com )

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