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Spaghetti Italiani - Portale di Gastronomia

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Introduzione alla Rubrica e indice di tutti i numeri

 

13 Dicembre 2003 - Palermo - C.C.P.Agricantus

"Non tutti i ladri vengono per nuocere" di Dario Fò con Ernesto Maria Ponte

con  Cocò Gulotta e Valeria D'Acquisto, Giulio Gioè, Tiziana Martilotti, Aldo Siragusa, Isabella Viola

 

foto di Luigi Farina ©2003

Le foto dello spettacolo (clicca sulle miniature per visualizzarle)


 

INTERVISTA AD ERNESTO MARIA PONTE

di Luigi Farina

 

13 Dicembre 2003 - ore 20.30 - Mi trovo al Teatro Agricantus di Palermo, prima dello spettacolo che porta in scena Ernesto Maria Ponte, e vengo accolto con molta simpatia ed interesse ed inizio la mia intervista.

 

Parliamo di questo spettacolo che porti in scena in questi giorni all'Agricantus: "Non tutti i ladri vengono per nuocere" da un testo di Dario Fo, trasformandolo da lombardo in siciliano.

Non è stata difficile la trasformazione visto che la borghesia c'è a Milano come a Palermo, anzi devo dire che qui è più attuale, visto che Palermo risulta una delle città, rispetto alle città del nord, ancora molto aristocratica, siamo ancora circondati da principi, da duchi, da marchesi. Questa che presentiamo è una farsa che ha scritto Dario Fo, e come tutte le farse è facilmente riadattabile e riproducibile nel proprio dialetto. Sarebbe stato ridicolo se io avessi fatto un ladro "milanese" a Palermo, "a gente si suseva e riceva: Ma chi stai ricennu? Ma parra buono!", invece ho cercato di creare una situazione un pochettino più consona al posto. Il testo è un testo divertentissimo, come Dario Fo solitamente sa fare, non è un Fo troppo attaccato al sociale e al politico, anche se ci sono i paradossi: c'è questa esibizione di questo ladro, che in un contesto di alta borghesia risulta la persona più onesta, rispetto ad un padrone di casa che è un vice-sindaco. Il paradosso è che un uomo politico risulterebbe più disonesto, più ladro, di un semplice ladro. Potrebbe essere così, non ce ne vogliano gli uomini politici, purtroppo in Italia non abbiamo mai avuto esperienze molto diverse di quelle che stiamo dicendo, ne possiamo anche parlare in questi termini. E' questo è lo spettacolo.

Parliamo adesso di cosa vuol dire fare teatro a Palermo. Milano ha Zelig, che è diventata una vetrina per i nuovi talenti, Palermo cosa offre invece agli artisti palermitani?

Palermo, purtroppo, si sa, ha una cultura a volte un po' eccessiva. A Palermo si pratica poco il teatro, come vedi noi siamo costretti a lavorare il venerdì, sabato e domenica. A Roma questo non esiste, facendo uno spettacolo di un certo tipo, come per esempio può essere quello che sto facendo io... E certe volte stentiamo, sopratutto adesso che ci sono pure le feste. Purtroppo manca l'educazione al teatro, non c'è un pubblico che è predisposto, qui si va in discoteca, si va al pub si va al locale. Io mi chiedo perchè se vado a fare una serata di giovedì in un pub, si riempie, se faccio teatro, lo devo fare solo di venerdì, sabato e domenica, e non so neanche se si riempie. Poi chiaramente se c'è il nome, c'è il personaggio, c'è il grande nome, allora i teatri sono pieni. Noi siamo tendenti solo al personaggio, all'evento, però fondamentalmente è una piccolissima percentuale di pubblico che apre il giornale pensando: "vediamo cosa fanno stasera in teatro?", è raro che succede questo, manca questa educazione. Non esiste nel palermitano l'idea di dire al marito, alla fidanzata, all'amico: "Vediamo che c'è in teatro?". Succede, per carità, quei quattro teatri che ci sono si riempiono, però succede in minimissima parte, dovrebbe esserci più volontà da parte del pubblico di scoprire cose nuove. Per esempio a Roma va di moda andare a vedere uno spettacolo perchè ha un titolo strano, perchè ti incuriosiscono, perchè dal titolo tu pensi che... A Roma si va al teatro a prescindere da chi c'è, e a Milano è la stessa cosa. Palermo no! Palermo no! No! Questo purtroppo un pochettino ci limita, ed ecco perchè poi alla fine uno come me è più propenso a fare la serata di cabaret, perchè è quella che ti fa lavorare, ti fa guadagnare di più, anziché la serata di teatro. E questo è un problema che questa città ha, ne risente, ed è una cosa, che non so quando avverrà, ma dovrà cambiare, per esempio Catania ha un'altro spirito, si porge diversamente rispetto al teatro. E' un fatto proprio palermitano, non direi nemmeno siciliano. Certo se andiamo in un piccolo paese di provincia è diverso, ma una città come Palermo con un milione di abitanti, insomma.... Adesso la gente non va più nemmeno allo stadio, ci sono lamentele del fatto che il Palermo è secondo in classifica, che ha tutti i presupposti per andare in Serie A e lo stadio non si riempie mai completamente. Il palermitano è così: prima non andava allo stadio e diceva: "Tanto perde!", ora se ci dici ad un tifoso: "Ma non ci vai allo stadio?", ti dice: "Ma tanto vince!", non c'è mai il modo di realizzare qualcosa, siamo proprio distruttivi, sotto questo aspetto.

Da cosa dipende tutto ciò, secondo te, e cosa sta cambiando nella cultura a Palermo?

Io sono stato sempre dell'avviso che l'aspetto culturale a Palermo ha due estremi, non ha una via di mezzo, passa dall'eccessivo intellettualismo, a quello che possiamo chiamare "terra terra", cioè all'eccessivo dilettantismo. Io vengo da una scuola, ho studiato con Proietti, ed ho preferito tornare a Palermo, anziché rimanere a Roma. Adesso non voglio fare il portatore sano di una grande preparazione teatrale, assolutamente, per carità, però, mi sono pure detto: "ma perchè non andare a sfruttare questa mia preparazione, fra virgolette, a Palermo, nella mia città?", e allora ho messo su una scuola di recitazione, mi sono creato una mia piccola fama locale, pur se cabarettistica, comica. Ma io non disdegno il teatro comico, anzi mi piace divertire la gente. E' una mia scelta, senza comunque ne criticare, ne contestare il teatro opposto a quello che vorrei fare io, a quello che faccio io. Il discorso è questo però, che in questa città io per molti teatranti di un certo livello sono un cabarettista, un comicarolo, uno di quelli che comunque non fa cultura. Allora questo mi fa incazzare maledettamente, perchè non è vero, prima di tutto perchè anche questa è una forma di teatro. E' pur vero che se parliamo di personaggi che fanno i comici senza avere una grande preparazione alle spalle..., ma io non mi ci sento. Ma se io faccio il comico, e so di avere una certa preparazione, io ritengo che posso avere dei meriti che vanno a prescindere dal fatto che si faccia un cabaret spicciolo. Io non vengo tenuto in considerazione da una certa opinione pubblica, e dagli enti pubblici, che sovvenzionano eventi solo a fine culturale, e vengo escluso in quanto cabarettista, questo è profondamente sbagliato, perchè il cabaret fa cultura, a Milano il cabaret ha fatto la cultura della città, parliamo di Fo, Gaber, Paolo Rossi, Albanese, ..., sono tutti personaggi che comunque vengono dal cabaret, anche se con una preparazione non indifferente. Qui purtroppo devo dire che sotto certi aspetti siamo stati abituati ad una comicità che non ha avuto grandi strutture, diciamo così, culturali, quindi in un certo senso, forse è per questo che reputiamo il cabaret una sorta di spettacolo minore, invece non è così. Da qui si passa all'intellettualismo, Palermo è la patria del teatro di ricerca, si sovvenzionano progetti che hanno a che fare con spettacoli teatrali che ..., io faccio una battuta nei miei monologhi: "che uno nesci fuori e non sapi unni misi a machina". E si va avanti così! E forse anche per questo che non c'è l'eccessivo trasporto del pubblico al teatro. C'è una fascia, quella media, che probabilmente vorrebbe comunque passare una serata all'insegna del divertimento, di un divertimento sano, fatto bene, che magari è quella che sta a casa. Quindi è meglio andare a sensibilizzare questa fascia di persone. Io per esempio, con lo spettacolo di Dario Fo, voglio cominciare una mia attività teatrale rivolta verso il teatro comico, ma quel teatro comico fatto bene, con i giusti tempi, con la giusta preparazione, con i testi intelligenti, se pur demenziali. Questa è la mia idea! Un teatro minimalista, giovane, frizzante, moderno, senza andare alla ricerca dei classici popolari. Basta, "avi ducent'anni che nni viriemu". E se vai li c'è "L'aria del continente", se vai da un'altra parte c'è Pirandello o Shakespeare. Non si va a veder "sei personaggi in cerca d'autore", pensando: "ma, chissa di chi parra?", ma: "viremu chistu cumi lu fa?", allora diventa un discorso diverso. Ci sono un sacco di autori giovani, comici, autori intelligenti, pigliamoli, sfruttiamoli, mettiamoli in scena, tiriamoli in ballo. Dico io: "fateci venire il desiderio di vedere un Pirandello!".

Facciamo adesso un tuffo nella cultura gastronomica: andando in giro ti porti dietro la cultura gastronomica palermitana e come ti affacci a quelle delle altre regioni?

Indubbiamente la cucina siciliana è una cucina ricca. Ricca di sapori, ricca di idee e andando in giro me ne convinco sempre di più. La Sicilia ha una grande tradizione culinaria, è varia e vasta, perchè mentre ci colleghiamo alla Calabria con il piccante, alla Sardegna magari con i formaggi, a Roma ci sono certe pietanze. In Sicilia ci perdiamo, parliamo di pasta con le sarde, pasta con il pesce spada e melanzane, pasta alla norma, caponata, arancine, ..., siamo pieni di ingredienti, di sapori, e penso che sfidano qualsiasi altra regione, anche se c'è un'altra regione di grandi tradizioni culinarie, che è l'Emilia Romagna, lì ho riscontrato quasi una Sicilia del nord, nel senso dei sapori, delle tradizioni, dai modi di trattare il gusto della cucina, in una maniera quasi sacra, anzi non quasi, del tutto sacra, mi ricordo in un ristorante di Modena ho chiesto dei ravioli con un condimento alla bolognese, mi stavano ammazzando, perchè per loro il raviolo è una pietanza, lo puoi bollire, scendere, ci metti un filo d'olio e te lo mangi, perchè quello che c'è dentro è qualcosa di ben preciso. In Emilia Romagna, come pure in Toscana, cercano di esaltare i gusti, cosa che noi facciamo poco, perchè la cucina siciliana e troppo piena di aromi, se noi pensiamo per esempio alla caponata.... Invece in Toscana, per esempio, se devi mangiarti una bruschetta con pane ed olio, il pane deve essere senza sale, e l'olio deve essere appena crudo, quindi li andiamo verso l'esaltazione dei gusti. Io con la cucina ho un bel rapporto, nel senso che amo oltre che mangiare anche cucinare, ma non mangio di tutto, nonostante sia di mole abbastanza "larga", non riesco a mangiare alcune cose, non mangio fegato, non mangio uova, non mangio fagioli. Ci sono alcune cose che il mio palato rifiuta, e quindi devo dire che nonostante la mia predisposizione a mangiare, sono uno che al gusto ci tiene, e quindi non amo "inchiappare", sono per pochi sapori accostati bene, penso che sia molto più difficile fare una bella spaghettata all'aglio ed olio, che non fare un ragù complicato con funghi, salsiccia, ..., dove ti aiutano tutti i sapori che vai ad usare, nella pasta con aglio ed olio hai tre ingredienti e te la devi giocare bene, altrimenti rischi. Quando fai una buona pasta con aglio ed olio allora hai capito tutto. E con questo possiamo fare un parallelismo pure con il teatro e la recitazione, non bisogna mai strafare, basta poco per fare ridere, basta sapere quelle quattro regole, i tempi, ..., che, se le sai usare bene, vengono fuori da sole, senza bisogno di eccedere, altrimenti diventi "sdignusu".

Per finire: programmi futuri?

Probabilmente sarò di nuovo qui all'Agricantus a Gennaio con un'altro testo, stavolta più tendente al cabaret, però stavolta prometto che sarà tutto nuovo, un testo che parlerà del sesso, giocheremo un pochettino con i tabù, con i pregiudizi che riguardano il sesso. Poi, probabilmente a Febbraio, saremo al Teatro Orione con una nuova commedia diretta da Pippo Spicuzza, della quale ancora non ci sono novità, lo saprete prossimamente.

 

Ringrazio Ernesto Maria Ponte per la sua disponibilità e per la simpatia con cui mi ha accolto e mi commiato con un grosso in bocca al lupo.

 

Realizzazione: Luigi Farina ( lfarina52@hotmail.com )

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