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Sua Maestà la Ravece:
l’olio dell’Irpinia è fresco di Dop

 

La provincia di Avellino produce non solo grandi vini, ma anche un olio dalle qualità straordinarie che si ottiene dalla cultivar Ravece

I dolci e generosi pendii della verde Irpinia, nome con cui attualmente ci si riferisce al territorio della sola provincia di Avellino ma che in passato coincideva con un’area più estesa, non regalano solo le pregiate uve alla base delle tre rinomate Docg della Campania (Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Taurasi) ma fanno dono anche di olive eccellenti, in particolare nell’area dell’Ufita che si può considerare una zona “naturalmente biologica” perché il clima e l’esposizione ottimale richiedono dei trattamenti in numero molto inferiore rispetto ad altre zone dell’Italia.

La qualità della produzione olivicola di quest’area è favorita dalla buona ventilazione

che ostacola il ristagno dell’umidità, tenendo così lontana la mosca olearia.

Regina indiscussa di questo territorio è la cultivar Ravece, da cui si ricava un olio extravergine dal fruttato intenso con sensazioni di amaro e piccante e un caratteristico flavour di pomodoro acerbo, la cui produzione in quantità piuttosto limitata lo rende un prodotto di nicchia per veri intenditori.

E’ ideale per condire zuppe di legumi e carni grigliate, ma si accompagna ottimamente anche a una semplice fetta di pane, meglio se si tratta di quello della vicina Montecalvo Irpino, uno dei comuni appartenenti all’Associazione delle Città del Pane. La “panella” di Montecalvo Irpino, che punta al riconoscimento dell’Igp, è un pane dal colore tra l'ocra e il nocciola carico a base di grano duro (la varietà ideale è il Saragolla), sottoposto a doppia lievitazione con pasta madre - la pasta acida del giorno precedente - e poi cotto nel forno a legna. Ha il grande requisito di conservarsi morbido per circa 7 giorni.

Sua Maestà la Ravece

La Ravece è la varietà predominante nella produzione dell’olio extravergine “Irpinia - Colline dell’Ufita”, che l’11 marzo del 2010 ha visto terminare l’iter per il riconoscimento della Dop. Il disciplinare prevede che al blend possono eventualmente contribuire, in percentuale ridotta, anche altre varietà autoctone tra cui le più diffuse sono la Ogliarola e la Marinese.

Ideale capoluogo dell’area della “quasi” Dop Irpinia – Colline dell’Ufita comprendente 38 comuni è Ariano Irpino che ogni anno nel mese di dicembre ospita il Concorso oleario nazionale degli oli tipici “Premio Tricolle”, nome dovuto alla particolare conformazione della cittadina che si sviluppa su tre colli: Castello, Calvario e San Bartolomeo.

Le radici antiche della tradizione olivicola di questa località sono testimoniate dal ritrovamento di numerosi antichi trappeti, nome dialettale dei frantoi, che utilizzavano macine in pietra.

Ariano Irpino, oltre a far parte delle Città dell’Olio, è anche Città della Ceramica. Il lavoro degli antichi ceramisti arianesi si svolgeva in fornaci scavate nell’arenaria che fungevano da abitazione oltre che da laboratorio. La ceramica locale, di cui è esposta una collezione in una sezione del Museo Civico, presenta anche delle forme spiritose e originali di cui la massima espressione sono i boccali chiamati “bevi se puoi” e le fiasche “a segreto”, entrambi caratterizzati dalla presenza di fori nascosti che impediscono di bere il contenuto se non se ne indovina il trucco.

Ariano Irpino affonda le sue radici nel passato ma  è  anche  proiettata  verso il futuro grazie

alla presenza del modernissimo istituto Biogem,  centro di ricerche genetiche all’avanguardia attualmente impegnato, tra l’altro, nel progetto di rilevazione e analisi del DNA della cultivar Ravece.

Laura Gambacorta

 

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