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Il Natale napoletano

 

presepe napoletano

A Napoli, città degli eccessi nel bene e nel male, tutto assume connotazioni particolari. Nemmeno il Natale si sottrae a questa regola. L’atmosfera che regala la città partenopea nel periodo natalizio è assolutamente unica ed inimitabile: basta recarsi per le vie del centro storico già dagli inizi di dicembre per rendersene conto. E’ lì che, passeggiando tra i vicoli addobbati a festa con le luminarie, ancora si possono incontrare gli zampognari - provenienti dalle zone montuose interne – con i loro abiti caratteristici o i venditori di caldarroste. Numerosissime le bancarelle che espongono gli addobbi per l’albero di Natale oppure ogni ben di Dio necessario per il menu del Natale. Se ci si allunga fino alla famosissima via San Gregorio Armeno si possono ammirare le botteghe dei maestri artigiani dell’arte presepiale, i quali per sorprendere i visitatori, accanto ai pastori tradizionali, ogni anno ne aggiungono di nuovi, raffiguranti uomini politici importanti o personaggi in voga del periodo: nel corso degli ultimi venti o trent’anni, Maradona ha ceduto il posto ai magistrati di “Mani pulite”, Osama Bin Laden è stato scavalcato da Berlusconi e Prodi, senza contare Schumacher e Valentino Rossi... In alcuni casi si tratta di vere e proprie opere d’arte il cui costo può raggiungere anche parecchie centinaia di euro.

Ma non c’è solo il Presepe a caratterizzare il Natale napoletano. Fortissime le tradizioni gastronomiche legate a queste festività.

A differenza del resto d’Italia, a Napoli - ma in generale un po’ in tutto il meridione - al Cenone del 24 dicembre viene attribuita la stessa importanza (se non addirittura maggiore) del Pranzo del giorno di Natale. Le opposte fazioni dei sostenitori del Cenone e del Pranzo si equivalgono e in molte famiglie si finisce per farli tutti e due, con buona pace dei nutrizionisti!

Il Cenone, essendo una cena di vigilia, prevede l’astensione dalle carni. Quindi, via libera al trionfo del pesce. A Napoli, “re” incontrastato della serata è il capitone fritto, accompagnato dal baccalà, anch’esso fritto. Per chi non gradisse il capitone, la tradizione offre l’alternativa della spigola o dell’orata olio e limone. La mattina del 24 dicembre c’è il rito dell’acquisto del pesce. Ognuno è convinto di conoscere il pescivendolo migliore e pur di acquistare il pesce proprio da lui, si sottopone ad attese estenuanti e talvolta anche a spostamenti di parecchi chilometri. Inutile dire che i prezzi sono i più alti dell’anno, un po’ come per l’agnello a Pasqua…

A differenza degli altri tipi di pesce presenti nel menu del cenone, il capitone può essere acquistato già qualche giorno prima e conservato a casa, immerso nell’acqua in una grande tinozza. Non di rado accade che il capitone riesca a scappare costringendo tutti al “fuori programma” del suo inseguimento! (ricordate “Natale in Casa Cupiello” di De Filippo?).

Secondo alcuni,  poiché  il  capitone  simboleggia il  diavolo, tagliarlo a pezzi e poi mangiato significa assoggettare il demonio e sconfiggere il male.

Altro piatto fondamentale nel Cenone napoletano è l’insalata di rinforzo, a base di cavolfiori, peperoni, acciughe, olive e sottaceti misti. L’origine di questo nome non è chiara. Secondo alcuni sembra che l’espressione “di rinforzo” stia ad indicare la funzione di “rinforzo dell’appetito” svolta da questa insalata che riesce ad aprire lo stomaco. Secondo altri, poiché quest’insalata deve durare dalla Vigilia fino all’Epifania, il “rinforzo” non sarebbe altro che il rimpiazzo periodico degli ingredienti che di volta in volta si esauriscono.

insalata di rinforzo

Un ruolo non secondario spetta ai Broccoli di foglia campani che vengono serviti con olio e limone.

A concludere il Cenone, i numerosi dolci tipici come i roccocò, i raffioli, i susamielli, i mostaccioli e su tutti gli struffoli. Queste piccole palline fritte, rigirate nel miele e ricoperte di confettini colorati che a Napoli si chiamano “diavulilli”, si ottengono tagliando un “serpente” di pasta. Tale rito, analogamente a quanto detto sul capitone, avrebbe un significato fortemente simbolico (il serpente di pasta rappresenterebbe il diavolo).

In attesa della messa di mezzanotte, immancabile la frutta secca da sgranocchiare mentre tutta la famiglia si impegna nel gioco della Tombola.

struffoli

Nel tempo il modo di vivere il Natale è profondamente mutato. In passato, quando la società era sostanzialmente povera, la preparazione di tutto il necessario per riuscire ad imbandire degnamente la tavola durante il periodo natalizio iniziava con mesi di anticipo, perché non mancasse nulla di quello che la tradizione prevedeva. Le donne, in compagnia di vicine di casa o di familiari, dedicavano giornate intere a raccogliere, tagliare e preparare per tempo peperoni dolci o forti, olive, carciofini e cetriolini. Si conservavano le noci migliori (famose quelle di Sorrento), le castagne di Montella, i fichi essiccati con cura, le nocciole di Avella, le mandorle sgusciate e non.

Per molti, le festività natalizie costituivano l’unica occasione per consumare un pasto vero e proprio, ricco e gustoso in contrasto con una quotidianità grama e piena di rinunce. Perciò, per una sorta di riscatto sociale, tutto doveva essere perfetto e di prima qualità in occasione del Natale.

Oggi le condizioni economiche sono generalmente migliorate e d’altra parte c’è poco tempo e forse anche poca voglia di dedicarsi per così tanti giorni alla preparazione del pranzo natalizio. Anche le case non si prestano più ad accogliere molte persone per cui spesso ci si rivolge a ristoranti qualificati che sappiano offrire accanto alla professionalità anche l’atmosfera giusta per farti sentire a casa.

 

dalla rivista Sapori e Piaceri di dicembre 2007 che ci autorizza la pubblicazione e che ringraziamo per la concessione, le fotografie sono di Luigi Farina.

 

Laura Gambacorta