Il Regno delle due Sicilie a Tavola

 

indice articoli

Palazzo Petrucci, la stella di Napoli

 

Il centro storico di Napoli, dichiarato nel 1995 Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, tra i tanti tesori architettonici custodisce anche un gioiello della gastronomia: Palazzo Petrucci, l’unico ristorante napoletano a fregiarsi della prestigiosa stella Michelin. Il riconoscimento ottenuto dal locale del giovane imprenditore Edoardo Trotta pone fine all’anomalia della mancanza di un ristorante stellato nel capoluogo partenopeo. E dire che già in tanti ci avevano provato senza successo rimanendo sempre scottati in breve tempo. Eppure non si può certo dire che a Napoli non ci sia una richiesta di alta ristorazione. Piuttosto il problema è che i gourmet napoletani tendono a soddisfare i loro “capricci” gastronomici nei numerosi ristoranti stellati presenti in Penisola Sorrentina (zona in cui l’alta ristorazione presenta una concentrazione non riscontrabile in nessuna altra area d’Europa), anziché fermarsi in città. Ma da un po’ di tempo, soprattutto grazie a Palazzo Petrucci, un numero sempre crescente di napoletani si sta accorgendo che anche in città è possibile trovare un’offerta adeguata di piatti d’autore. Si spera che questa piccola “rivoluzione gastronomica” che sta caratterizzando Napoli possa presto regalare al capoluogo partenopeo altre stelle Michelin.

Palazzo Petrucci è un accogliente ristorante, ricavato nelle antiche stalle del palazzo quattrocentesco da cui prende il nome; affaccia su Piazza San Domenico Maggiore, una delle piazze più belle della Napoli antica, poco distante dalla Cappella Sansevero che ospita il Cristo Velato, capolavoro scultoreo del Sammartino. La cucina a vista consente di seguire il lavoro della brigata capitanata dallo chef Lino Scarallo, tornato nella sua città di origine dopo una lunga esperienza in terra irpina. I 50 coperti sono affidati alle cure di Antonio Errico e della sua brigata, mentre il compito di guidare i clienti nella scelta dei vini spetta a Ciro Potenza, esperto sommelier nonostante la sua giovane età. La carta dei vini che attualmente annovera circa 350 etichette prevalentemente nazionali vedrà un corposo aumento del numero di referenze non appena saranno terminati i lavori di ristrutturazione della nuova cantina che prevede anche una saletta di affinamento per salumi e formaggi.

Il menu, che varia al mutare delle stagioni, privilegia i prodotti locali dando molto spazio anche alle cosiddette “materie povere” che attraverso la sapiente interpretazione dello “scugnizzo buono” Lino acquistano una nobiltà inimmaginabile.

Edoardo, dopo i vari insuccessi di altri imprenditori che avevano provato a proporre a Napoli una ristorazione di alto livello, come le è venuto in mente di cimentarsi in questa missione apparentemente impossibile?

Nel dare vita a Palazzo Petrucci ho cercato solo di creare un locale che fosse esattamente come quello in cui io sarei andato volentieri a mangiare e che avesse come punto di forza la cucina.

E quale ritiene sia stata la carta vincente per il suo locale?

Probabilmente l’aver tenuto conto anche del portafoglio del cliente, offrendo una cucina di qualità a prezzi assolutamente ragionevoli. E anche dopo l’ottenimento della stella Michelin i prezzi non sono stati per nulla ritoccati al rialzo, come spesso accade. Consideri che il menu degustazione attualmente si attesta sui 45 euro.

Lino, a cosa si ispira la sua cucina?

E’ fortemente legata alla tradizione, nel senso che riprendo le ricette del passato e, senza modificarne gli ingredienti, mi “diverto” a variarne la consistenza.

Com’è nato l’amore per la cucina?

Un ruolo fondamentale lo ha svolto la mia famiglia, in cui si è sempre prestata molta attenzione alla qualità del cibo e alle modalità di preparazione dei piatti. Ma direi che determinante è stato il … mal d’auto!

In che senso?

Quando ero ragazzino i miei genitori portavano me e i miei fratelli a trascorrere le vacanze a Maiori, una località della Costiera Amalfitana (nota oltre che per la bellezza incomparabile dei suoi paesaggi anche per le numerose curve da percorrere per raggiungerla!). Poiché io soffrivo terribilmente il mal d’auto, pur di non sottoporre il mio stomaco alla “tortura” delle curve chiedevo il permesso ai miei genitori di rimanere a Napoli da solo. Quelle sono state le prime occasioni in cui mi sono ritrovato ad armeggiare con pentole e padelle e così mi sono accorto che mi piaceva molto stare in cucina.

E poi come ha coltivato questa passione scoperta per caso?

Ho frequentato inizialmente l’istituto alberghiero e poi ho lavorato in vari ristoranti di Sardegna, Toscana, Sicilia e delle isole del Golfo di Napoli. Nel ’98, all’età di appena 23 anni, mi sono ritrovato a essere chef di un ristorante che stava aprendo i battenti ad Avellino. Sono stato lì fino al 2006, anno in cui, per poter dedicare più tempo alla mia famiglia, ho deciso di venire a lavorare a Napoli, mia città natale.

So di un episodio molto curioso che l’ha vista protagonista insieme al “papà” della pastiera napoletana, Mario Scaturchio. Ce lo può raccontare?

Volentieri. All’epoca lavoravo ancora nel ristorante di Avellino e non sapevo che tra i clienti in sala ci fosse il signor Scaturchio (nome simbolo della pasticceria napoletana), in compagnia di altri due suoi noti colleghi partenopei. Al momento di ordinare il dolce la scelta cadde senza esitazione sulla pastiera. E’ impossibile descrivere la sorpresa, e anche il notevole disappunto degli illustri clienti, nel vedersi presentare in un bicchiere la mia pastiera…destrutturata! A questo punto mi sentii in dovere di dare delle spiegazioni sulla mia interpretazione del dolce e tutto si risolse con una gran risata. La cosa più curiosa è che, terminata la mia esperienza lavorativa nell’avellinese, nel rientrare nella mia città mi sono ritrovato a lavorare nel ristorante situato proprio nella piazza della storica pasticceria Scaturchio. Quando si dice il destino…

Palazzo Petrucci

Piazza San Domenico Maggiore, 4

Napoli

www.palazzopetrucci.it

Tel. 081/5524068

 

dalla rivista Sapori e Piaceri di gennaio/febbraio 2010 che ci autorizza la pubblicazione e che ringraziamo per la concessione

 

Laura Gambacorta

 

Spaghetti Italiani - Portale di Gastronomia