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Gaetano Basile, nato a Palermo il 16 novembre 1937, giornalista free lance con collaborazioni con Il Mattino, La Sicilia, Oggi Sicilia, Eques, Tutto Equitazione, Cavallo Magazine; cura delle rubriche fisse sul Giornale di Sicilia (Viva Palermo), su Kagome di Tokyo (Rivista di cucina italiana) e ACCI di Tokyo (Giornale dell’Ass. Cuochi Cucina Italiana). Direttore di “Il Pitré” (Quaderni del Museo Etnografico Pitré Palermo) e di “Babbalà” (Testata giornalistica televisiva regionale). Ha anche collaborato con testate televisive come France 3, Yleisradio Finnish Broad. Co., France Inter, ZDF, Nippon TV, RAI e MEDIASET. Autore di testi teatrali e di pubblicazioni. Fra i riconoscimenti: Targa d’argento UPT (1993), Premio Città di Monreale (1996), Premio Sicilia ’97 dell’Ordine dei Giornalisti Siciliani, Premio Telamone di Agrigento (2000), Premio Trinacria d’argento (2001), Accademico Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina (2004), Nomina a componente Commissione Toponomastica Cittadina (2009). Premio dall’Associazione della Stampa Estera in Italia del Gruppo del gusto per la divulgazione (2011).

 

Dal 2006 è Socio Onorario dell'Associazione Spaghettitaliani.

 

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Spaghetti Italiani - Portale di Gastronomia

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L'ANTICO BIANCOMANGIARE CINQUECENTESCO

Articolo inserito il 13/01/2018 alle ore 16.05.08

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Questa è una ricetta storica. Pare che venga dal ricettario del grande Messisbugo che, ai primi del XVI secolo, era “operoso scalco” nonché “amministratore ducale” presso la corte degli Estensi a Ferrara. Cristoforo da Messisburgo (Messi detto Sbugo, come si evince dai documenti) fu un bravissimo “scalco” che si meritò il titolo di conte palatino concessogli da Carlo V nel 1533. Si ritiene che la ricetta sia stata introdotta in Sicilia proprio nel 1535 quando Carlo V venne a trascorrere sei mesi a Palermo, ospite nel Palazzo del suo banchiere Guglielmo Ajutamicristo. Fu allora che conoscemmo pure uno strano gallinaceo importato dalle Americhe, il tacchino. Non sapendo come chiamarlo ed essendo grande quanto un pavone, lo chiamammo semplicemente “el pavo real”…

Scrisse che per 6 persone ci vuole: un pollo di poco meno d’un kg , una bella cipolla, un gambo di sedano, una carota, un ciuffetto di prezzemolo, 50 gr di mandorle dolci sbucciate, 80 gr di burro, un cucchiaio di farina, un pizzico di pepe bianco, un pizzico di noce moscata in polvere, tre o quattro chiodi di garofano, un bicchierino di rum o liquore di ginepro, qualche cucchiaiata di vino zibibbo o vinsanto, 150 gr di riso (fate voi), 80 gr di formaggio fontina tagliato a fette sottili.

Si comincia mettendo il pollo a cuocere in una pentola colma d’acqua (almeno un paio di litri), con gli odori: sedano, carota e prezzemolo. Avremo cura di completarlo con la cipolla dove avremo infilato, come si trattasse di veri chiodi, i chiodi di garofano. Lasceremo bollire per un tempo indefinito cioè sino a quando, per lo stracuocere, le carni del volatile non si staccheranno dalla carcassa. A questo punto filtreremo il brodo (ne servirà circa un litro e mezzo), quindi spolperemo il pollo liberando la polpa. Serviranno le carni del petto che sfiletteremo per insaporirle in una teglia con poco burro, un pizzico di sale, un sentore di noce moscata e per finire il vinsanto che, prima di togliere dal fuoco, faremo completamente evaporare.

Con il restante burro e il cucchiaio della farina, profumando con la noce moscata e usando poco del brodo del pollo, prepareremo una besciamella. Avremo messo a bagno, con un bicchiere di brodo caldo, le mandorle sbucciate che, dopo circa mezz’ora, cioè quando sono ben rinvenute, ridurremo in poltiglia usando un mortaio oppure tritandole nel frullatore, usando un poco del brodo.

Mettete a cuocere il riso utilizzando quanto è avanzato del brodo. Una volta che il riso ha quasi raggiunto il punto di cottura lo verserete nella besciamella e, a fuoco basso, mescolerete affinché tutto risulti ben omogeneo. Unirere anche le mandorle tritate e le carni del pollo (escluso i petti), che avrete tritato fino a renderle quasi una purea.

Mentre il riso finisce di cuocere unirere i filetti, molto minuti, del petto, insaporiti come già detto, e il formaggio che, tagliato molto sottilmente, non tarderà a fondersi.

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