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STAGIONE TEATRALE 2005-06

 

cartellone

 

Il cartellone della stagione teatrale 2005-06 si configura con la provocante presenza dei maggiori drammaturghi stranieri contemporanei (dallo svizzero Friedrich Durrenmatt all’inglese Joe Orton, dall’americano Arthur Miller all’attore-autore-regista londinese Alan Ayckbourn, fino ai francesi Gérald Sibleyras e Jean Dell che si sono distinti recentemente per aver ricevuto il premio Molière) affrancati, in una sorta di contrapposizione ideologica, dall’altrettanto significativa presenza di alcune specifiche realtà della drammaturgia italiana che unisce, al nome obbligato di Luigi Pirandello, l’estro inventivo di Enrico Montesano e la dissacrante prosa di un autore “fuori dalle righe” come il pavese Edoardo Erba, particolarmente attivo anche nella produzione televisiva e radiofonica.

Il versante “impegnato” della nuova stagione si manifesta fin dal primo spettacolo che, nell’interpretazione di Isa Danieli e Massimo Foschi con la regia di Armando Pugliese, conclude a Milano il trionfale ciclo di repliche di “La visita della vecchia signora” di Friedrich Durrenmatt. I tre atti del drammaturgo svizzero, imperniati sull’eccentrica e vendicativa miliardaria Claire Zachanassian, sono stati tenuti a battesimo nel 1955 allo Schauspielhaus di Zurigo con Therese Giehse nel ruolo della protagonista per la regia di Oskar Walterlin. La drammatica apparizione della donna più ricca del mondo, tornata dopo trent’anni nel paese natale con la variopinta corte dei suoi “schiavi”, aveva sollecitato anche l’interesse di Giorgio Strehler che allestì lo sconcertante dramma al Piccolo Teatro il 31 gennaio 1960 con Sarah Ferrati e gli apporti interpretativi di Tino Carraro, Ottavio Fanfani, Cesare Polacco, Gabriella Giacobbe, Tino Buazzelli, Enzo Tarascio, Maria Grazia Antonini, Gastone Moschin. Tra gli allestimenti più interessanti basterà ricordare l’edizione (1976) della grande Edwige Feuillère diretta da Jean Mercure e quella precedente andata in scena a Broadway nel 1958 con grande successo, protagonista Lynn Fontanne.

All’inquietante atmosfera di Durrenmatt fa da contrappeso la scatenata ilarità dello spettacolo di Enrico Montesano, scritto con la collaborazione di Enrico Vaime, Adriano Vianello e Nicola Fano. “Noio vulevan sàvuar ancor” è l’ormai mitica battuta maldestramente milanesizzata che lo spaesato Totò rivolge a un vigile urbano nella centralissima piazza del Duomo nel film “Totò, Peppino e la malafemmina”. Il richiamo al vecchio film con Totò e Peppino non pretende ulteriori addentellati, poiché Montesano si orienta nella duplice direzione di un salto nel passato e un opposto balzo nel futuro, alternando al recupero di canzoni e di sketch degli anni ’40-’50 l’opposta ricerca di un oggi rivisto con la personalissima capacità stravolgente del protagonista, affiancato da un gruppo di ballo tutto al femminile.

Alla sagra italica di Montesano si contrappone la riproposta di “Ciò che vide il maggiordomo” di Joe Orton, ovvero del più trasgressivo degli autori inglesi della seconda metà del ventesimo secolo. Più che per la sua sfera multiforme e discontinua, Orton è assurto a simbolo del disagio e della follia di una stagione artistica troncata dalla tragica rivolta del suo compagno, arrivato a ucciderlo a martellate prima di seguirlo nel regno delle ombre.

Ambientato in uno studio psicoanalitico, protagonisti appunto due psichiatri, “What the butler saw” è stato tenuto a battesimo nel 1967, l’anno fatale in cui si compì il tormentato itinerario del ribelle irriducibile. La regia di Andrea Brambilla, anche protagonista accanto a Nino Formicola, innerva la riproposta di una impudente sfida a tutti i valori consolidati in nome di una libertà senza confini. Come attestano le edizioni italiane tra le quali si ricordano quella con Nino Castelnuovo e Giorgia Trasselli, regia di Marco Vaccari (1997-98), e quella con Carlo Alighiero protagonista-adattatore-regista affiancato da Fiorenza Marchegiani, Mico Cundari con Milena Miconi (2002-03). Particolarmente riuscita l’edizione americana andata in scena ad Arlington in Virginia nel 2002.

“Un’ora e mezza di ritardo” è uno tra i testi contemporanei presenti in cartellone. I due autori, Gérald Sibleyras e Jean Dell sono conosciuti dal pubblico parigino per la messa in scena di alcune commedie brillanti. La vicenda di questa è imperniata banalmente sul dialogo che si avvia tra due coniugi in procinto di recarsi ad una cena importante. Tutto accade in quello spazio di tempo, lei ha bisogno di parlare, di alleggerire il suo cuore e, nonostante lui cerchi di reprimere questa sua esigenza impellente, la discussione si protrae: trenta anni di vita in comune valgono ben un’ora e mezza di ritardo. La commedia, che sarà rappresentata contemporaneamente a Parigi, segna il ritorno sulle scene teatrali di Stefania Sandrelli in un momento fulgido del suo percorso artistico per essere stata insignita del “Leone d’oro alla carriera” alla Mostra del cinema di Venezia. La affianca Massimo De Francovich attore insostituibile per il regista Piero Maccarinelli.

Il nome di Pirandello iscritto nella seconda parte della stagione può trarre in inganno, poichè la vicenda di “Liolà” non appartiene alla tormentata drammaturgia delle “maschere nude”, ma va collocata nell’ambito sorridente delle commedie dell’esordio, ancora permeate dal nativo dialetto girgentese, alias agrigentino. A impersonare il primo Liolà è stato nel lontano 1916 Angelo Musco, mentre la successiva versione napoletana (maggio 1935, all’Odeon di Milano) ebbe per protagonista Peppino De Filippo, affiancato dai fratelli Eduardo e Titina. L’odierna riproposta della corale vicenda siciliana si avvale della fantasiosa regia di Luigi Proietti e dell’interpretazione personalissima di Gianfranco Jannuzzo con Manuela Arcuri nel ruolo di Mita. Tra le venti e più edizioni della commedia basterà ricordare gli allestimenti con Michele Abruzzo (1937), Vittorio De Sica (1942), Giorgio De Lullo (1951), Enrico Maria Salerno (1956), Leonardo Cortese (1956), Turi Ferro (1959), Achille Millo (con la regia di De Sica, 1961), Domenico Modugno (1968), Bruno Cirino (1980), Ugo Pagliai (1983), Gigi Proietti (1988), Massimo Ranieri (1991).

Di tutt’altro segno si preannuncia lo spericolato testo di Edoardo Erba che usa lo stile della commedia piccante del Cinquecento per parlare del rapporto fra i sessi in modo attualissimo e straordinariamente incisivo. La vicenda è ambientata nella casa di Annibale, un imprudente tipografo fiorentino, che per farsi assumere a corte accetta un patto scellerato col Visconte Morello che pretende di avere a sua completa disposizione la moglie del postulante. La beffarda historia si complica con la malattia della suocera che obbliga la figlia Bianca ad accorrere al suo capezzale, lasciando in casa Annibale e una servetta molto appetitosa, Margarita, che ha a suo vantaggio di essere stata generata da una strega avvezza a fare incantesimi. Con la regia di Ugo Chiti sono Maria Amelia Monti e Gianfelice Imparato a dare maliziosa presenza ai trasgressivi protagonisti.

A una dozzina di anni dal battesimo italiano (29 gennaio 1993 al teatro Donizetti di Bergamo) protagonisti Ugo Pagliai, Paola Gassman e Gea Lionello, regia di Marco Sciaccaluga, torna in palcoscenico “Giù dal monte Morgan” l’ultimo testo teatrale di Arthur Miller andato in scena in prima assoluta al Wyndham’s Theatre di Londra con Tom Conti, Gemma Jones, Clare Higgins il 23 ottobre 1991 con la regia di Michael Blakemore. Sotto le apparenze di una pochade all’americana attribuibile a Neil Simon più che all’autore di “Morte di un commesso viaggiatore” e di “Uno sguardo dal ponte”, la Discesa dal monte Morgan risvolta sul piano inclinato di una tematica vagamente pirandelliana con due donne costrette a fare i conti con il tradimento del loro partner. A impersonare l’imbarazzato protagonista sarà stavolta Andrea Giordana affiancato da Benedetta Buccellato, Giorgia Senesi e Sergio Basile, vivacizzato dalla regia sorniona di Sergio Fantoni.

A concludere l’intensa stagione sarà l’ilarità sofisticata di “Prova a farmi ridere” di Alan Ayckbourn nell’adattamento esilarante di Maurizio Micheli, protagonisti Pino Quartullo, Benedicta Boccoli e Paila Pavese diretti da Maurizio Micheli. La prima assoluta della divertente commedia (“Comic potential” il titolo originale) risale al 4 giugno 1998 a Scarborough, con James Hornsby nel ruolo del dottor Farmer e Janie Dee a suo agio nei panni di uno spiritoso robot. Un bizzarro regista, un giovane autore e un’attrice meccanica dispiegano appieno l’esasperazione comica che caratterizza la drammaturgia dissacrante del poliedrico Ayckbourn, emersa appieno nella ripresa londinese al Lyric Theatre (13 ottobre 1999) e nell’edizione americana al Manhattan Theatre Club (2000).

 

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