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La nostra recensione

 

INDIFFERENTEMENTE

CANIO LOGUERCIO

 

 

Note dell'Ufficio stampa:

Indifferentemente è il ritorno discografico di Canio Loguercio, un album in cui la tradizione della canzone classica napoletana si accompagna al linguaggio dell’hip hop e dell’elettronica. L’artista lucano ha sempre ottenuto dalla critica un plauso sentito e spesso il suo nome viene comparato a quelli prestigiosi di Franco Battiato, Laurie Andreson, Tom Waits, Nick Cave, Bob Dylan, Residents, tutti personaggi che hanno impostato la propria carriera sull’innovazione espressiva. Ed infatti Canio Loguercio si muove nell’ambito della sperimentazione cercando di combinare insieme, e con successo, generi distanti tra loro. Indifferentemente prende ispirazione e titolo dall’omonima canzone portata al successo nel ’63 da Mario Abbate al Festival di Napoli, una composizione che racconta un forte tormento d’amore, con le sue conquiste e perdite, speranze e dolori, nel continuo desiderio di vivere intensamente questo sentimento. E proprio su questo tema è incentrato l’intero album cantato con un dialetto napoletano crudo e ironico e che si muove tra richiami agli anni ‘60 e citazioni registrate di Mina, Beastie Boys, Residents.

Ad accompagnare il musicista in questa avventura ci sono Rocco De Rosa (tastiere, programmazione, grooves), Pasquale Trivigno (grooves), Nello Gidice (basso).

Indifferentemente è anche una performance teatrale che Loguercio interpreta in luoghi insoliti quali appartamenti privati. E’ una sorta di messa, una via crucis poetica immersa nel quasi buio in cui la poca luce è data da due piccole torce mentre la scena è composta da pochi e semplici oggetti quali un tavolino, un impermeabile, un fornellino. E’uno spettacolo minimalista quanto emozionante dove la voce, quasi sussurrata, viene alternata a registrazioni di dialoghi, di urla dei venditori ambulanti, di rumori casalinghi, oltre alle basi curate sempre dai nomi sopracitati.

 

INDIFFERENTEMENTE

Breve cerimonia a domicilio di canzoni appassionate

Da qualche mese giro per case a cantare canzoni appassionate. Con pochi strumenti, un fornellino, torce elettriche e una trentina di uova sode. Lasci che ad accogliere il pubblico sia Petula Clark con Round every corner, uno dei suoi brani meno noti. Poi nel buio pesto avvio la mia “cerimonia”. Poco più di un’ora per una decina di canzoni in tutto. Come tante stazioni di una Via Crucis, una processione che si snoda con le sue litanie, i suoi riti, le giaculatorie…

Indifferentemente prova a descrivere un’improbabile storia d’amore. Ma è poco più di un pretesto, una rudimentale macchina del tempo che mi consente fugaci incursioni. Dentro di me o verso un altrove quasi sempre banale. Uno strumento per raccogliere e fissare frammenti di natura varia in un catalogo/campionario double face, uno di quegli album da sfogliare recto-verso. Da un lato le foto della prima comunione, dall’altro ritagli e fotocopie di libri e giornaletti nascosti a lungo sotto il materasso.

DoubleFace-Doppio Senso. Come un impermeabile comprato al mercato dell’usato. Come una macchietta di Nino Taranto: Che bella pansé che hai..Me la dai? Me la dai la tua pansé?

Indifferentemente incessantemente (e indecentemente) corre da una parte e dall’altra.

Mi costringe in un andirivieni dentro-fuori sempre più veloce, ma così veloce che lo “spettatore” finisce per non accorgersi più dei movimenti. Del resto l’elevata frequenza dell’oscillazione rende sempre più impercettibili gli spostamenti così che i gesti appaiono lenti, le parole pesanti, i pensieri bloccati. “Non abbiate fretta! diceva l’amico “grande” a noi adolescenti quando ci spiegava come cavarcela con le donne.

Eppure la teoria che l’amore sia soprattutto una questione di “tempi” è ampiamente superata.

Forse, dicono alcuni, è solo un gioco d’innesti, un uso sapiente di innocue “biotecnologie” tradizionali…

Sarà per questo che la mia performance si presenta come una sgangherata bio-installazione sonora. Un’approssimativa esposizione (al buio!) di scorie di materia organica… con tanto di strofe e ritornelli.

Perché sì, stiamo parlando di un semplice concertino di “love songs”. Sebbene quasi tutte scritte in napoletano, la “sacra” madrelingua delle passioni. Tra l’altro molti miei pezzi riprendono proprio versi e spunti di canzoni classiche napoletane. Provo a confrontarmi con loro, non senza un eccesso di presunzione, così che il racconto diviene una ricostruzione delle forti emozioni che mi danno ogni volta che le ascolto. Ma questo davvero non è semplice spiegarlo. E’ una cosa che se ti arriva lo capisci, altrimenti non fa niente, si può certamente farne a meno.

CANIO LOGUERCIO


DATA USCITA CD:

GENNAIO 2004

PREZZO CD:

8 EURO

DIFFUSIONE:

LIBRERIE del circuito FELTRINELLI e IL LIBRACCIO, punti vendita della catena RICORDI MEDIA STORES e MELBOOKSTORE, presso i NEGOZI DI DISCHI.


Il manifesto cd

Ufficio Stampa e Promozione: BIG TIME

http://musica.ilmanifesto.it

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La recensione

di Mario Corsini

04/02/2004

 

Per realizzare una "Breve cerimonia a domicilio di canzoni appassionate" basta una presa elettrica a 220 volts, un fornellino, torce elettriche e una trentina di uova sode. L'ha elaborata Canio Lo guercio, un artista dal nome talmente assurdo da essere vero, sconosciuto ai più, ma con un curriculum di tutto rispetto nel campo della musica, dei programmi radiofonici della RAI, del teatro (www.indifferentemente.net). In lui emergono la cultura della napoletanità di cui è figlio adottivo (essendo lucano di nascita) e i sentimenti "appassionati" tipici della tradizione canora antica. Una canzone di Mario Abbate, "Indifferentemente", da il titolo a questo straordinario lavoro. Si tratta di un viaggio all'interno di se stessi disperato ed ironico, tecnologico e primitivo, oscuro ma macchiato di colori aggriccianti, sussurrato e lacerante.. Nasce da una storia d'amore, forse un pretesto oscillante tra tenerezza e rabbia, desiderio e repulsione, attrazione irresistibile e pericolo mortale. Non è un caso se, dopo l'esposizione di una campionatura "trash" di una canzonetta di Petula Clark, un tassista, nel far scendere dal suo mezzo il Canio-io narrante-spettatore in chissà quale ributtante suburbia esistenziale sussurri più volte "statte accorto guagliò". E' il sinistro avviso di un Caronte urbano. Ci si ritrova soli in una oscurità stilettata da bagliori fulminanti, echi indefiniti, rumori di strada, portiere che sbattono.. C'è probabilmente tutt'intorno la città che da cent'anni non smette di sanguinare, che accumula confusione su confusione, che ha sempre quell'urgenza nel dire ma ha perso la sua lingua per esprimerlo. Il linguaggio sono le campionature, i "loops" reiterati, le "electric devices" che fungono da metallica scenografia della mente.

Come dice lo stesso Canio si tratta di una specie di Via Crucis con le sue stazioni verso il Golgota, le sue cantilene giaculatorie, le sue tumultuose presenze. Ma sono anche poco più che sussurri perché Lo guercio è dichiaratamente un "non cantante". D'altro canto l'anima non ha né timbro, né intonazione. L'anima è presa dalla fatale attrazione di questa "maruzzella", "lazzarella", "reginé" "Malafemmena" e via citando.. L'anima è travolta da questa "friarella" "ferrarella" "munachella". E non mancherà il fragore iconoclasta dell'ironia. Ironia verso la canzone appassionata, verso il proprio io e l'ornamento dei suoi sentimenti, verso l'illusione di una via di uscita. Ironici sono gli spunti sonori qua e là evocati dalla Petula Clark già citata, alla Cesaria Evora di "Besame mucho", fino a Mina che compare in "Città vuota" sotto forma di campionatura a sottolineare le singole stazioni di questo minimale procedere nell'oscurità.

L'amata è "carogna 'ncarugnata", "bastarda carna frolla" ma anche tenera "palummella ca nun vola" o "friarella 'e l'acqua 'e Lourdes". Nel rincorrerla ci si immette nel sentiero della sensualità selvaggia descritto con tremenda espressività nel brano intitolato "stretto". Ed ancora ci si smarrisce, come nel brano "perso..", anche quando qualcuno sembra darci le giuste indicazioni, ma non ci sono più orecchie per sentire o sentimenti per capire. Baciando quella "vocca rossa, vocca persa", agguantando quella "malafemmena giuggiola" si sa che "sarà cibo per i cani,che lo mangino i cani!".

Alla fine non rimane che chiedersi: "..Che giorno è?" perché persino il tempo si è dissolto. La cerimonia ha termine senza neanche l'ombra di una assoluzione finale.
Lo spettatore-ascoltatore rimane come stordito nel buio della stanza dove ancora risuonano gli estremi echi di questa musica-non musica, di questo "happening", di questo psicodramma in forma di semi rap.. Rimbalzano le ultime note delle accorate canzoni, delle appena accennate armonie ora traballanti su ritmi "techno", ora carezzate da familiari timbri di armoniche a bocca, organetti o pianole elettriche, ora spalmate su eterei tappeti elettronici, ora adagiate sulla base di vecchi "refrains" anni 60.

E' difficile, molto difficile descrivere il lavoro di Canio Loguercio attraverso questo mio tentativo di recensione. Bisognerebbe semmai sentirlo e viverlo.. senza filtri.. a domicilio.

Mario Corsini