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Parola di Chef

Mario Vacca

 

Lo chef Mario Vacca - Quando la cucina è arte

www.qualcosadidiverso.com  -  vaccamario@t-online.de

Mario Vacca nasce ad Ortueri (Nuoro) 50 anni fa. A tredici anni si trasferisce a Milano per frequentare la scuola alberghiera "Le Tre Colonne", dove persegue il diploma di maestro di cucina con l'abilitazione all'insegnamento. Terminati gli studi lavora stabilmente per sei anni presso il Grand Hotel Mediterranee di Alassio, ottenendo la carica di Chef de Couisine Executive. Nel frattempo si dedica con passione anche all' insegnamento.

Desideroso di arricchire le sue esperienze parte per Berlino, dove sta nascendo la Nouvelle Cousine. Qui lavora presso la scuola alberghiera e presso i più rinomati hotels e ristoranti della capitale.

La sua fama si estende a livello internazionale e sempre maggiore è l'interesse verso la sua cucina che si distingue per una cura particolare e innovativa nella preparazione e nella presentazione delle portate.

Tantissime sono le sue partecipazioni televisive di successo.

Nel 1996 il presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro lo onora del titolo di miglior cuoco italiano in Germania e durante una visita pastorale del Papa a Berlino, viene scelto come Cuoco Executive per la serata di gran Gala. Alle Olimpiadi mondiali di Cucina vince il terzo posto con medaglia di bronzo, tra 32.000 cuochi provenienti da tutto il mondo.

Attualmente collabora con diversi giornali locali e quotidiani, tra i quali il Corriere della Sera e il Tempo.. 

I SUOI LIBRI

Il libro di ricette originali "Etwasanderes", in tedesco, e il libro in italiano "Qualcosa di diverso", editi dalla Burda Verlag. Il titolo "Qualcosa di diverso", ripreso dal nome del suo elegante sito, racchiude la passione e l'estro di Mario Vacca per la cucina creativa capace di utilizzare sapientemente prodotti alternativi, manifestando una sensibilità tutta particolare per la presentazione dei piatti. Il libro ha avuto una tiratura iniziale di 1.500 copie poi portate a 30.000 e già esaurite. Potete trovare alcune ricette originali tratte da questa pubblicazione nel sito dello chef: www.qualcosadidiverso.com

 

Indice di tutte le puntate

 

 

QUARTA PUNTATA

15 marzo 2003

 

IL PROTAGONISTA LE RICETTE DI MARIO VACCA

 

IL PROTAGONISTA

LA STORIA DEL RE DELL’ORTO - IL POMODORO
 

Il pomodoro è una pianta orticola della famiglia delle solanacee (Lycopersicon esculentum) che può raggiungere l’altezza di 2 metri se accuratamente sostenuta. Il suo frutto, protagonista in prima linea all’interno della gastronomia italiana, è largamente diffuso in tutto il mondo per il suo apprezzabile gusto oltre che per le sue importanti proprietà nutrizionali. Infatti, il pomodoro in ogni sua varietà è ricco di fibre e vitamine quali la A, C, B1, B2, K, P e PP.

Da dove viene il pomodoro?

La pianta è originaria del Cile e dell’Ecuador dove, per effetto del clima tropicale, offre i suoi frutti tutto l’anno. Della sua coltivazione abbiamo chiare testimonianze già in epoca precolombiana sia in Messico che in Perù.

Come è giunto in Europa?

Originario dell’America Latina, il viaggio transoceanico di questo ingrediente è stato lungo, burrascoso e avvolto anche di mistero.
Furono gli Spagnoli durante la prima metà del ‘500 a importare questa pianta, ma inizialmente il suo utilizzo fu esclusivamente ornamentale. Addirittura il frutto era ritenuto velenoso per il suo alto contenuto di solanina, sostanza considerata all’epoca dannosa per l’organismo.
Proprio un erborista italiano, Pietro Matthioli , nel 1544 la classificò fra le specie velenose, anche se
ammise di aver sentito voci secondo le quali in alcune regioni il suo frutto veniva mangiato fritto nell'olio.
Ma al pomodoro venivano al contempo attribuiti misteriosi poteri afrodisiaci e, per tale motivo, veniva impiegato dagli alchimisti in diverse pozioni e filtri magici.
Aneddoti e testimonianze storiche ricordano che in Francia era usanza per gli uomini offrire piantine di pomodoro alle dame, come atto d’amor gentile e che nel 1640 la nobiltà di Tolone omaggiò il cardinale Richelieu di quattro rigogliose piante di pomodoro.
Il suo successo estetico fu tale che la coltivazione partendo dalla Spagna, e passando per il Marocco, si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo, trovando un clima adatto per il suo sviluppo soprattutto in Italia, in particolare nella regione dell’agro nocerino-sarnese, tra Napoli e Salerno.

Quale è l’origine del suo nome?

Subito dopo l’importazione, in Europa si divulgò tra gli alchimisti dell’epoca la convinzione dei poteri afrodisiaci del pomodoro. Ciò ci porta a fare una prima considerazione sulla probabile origine del suo nome. Infatti, nomi come love apple in inglese, pomme d’amour in francese, Libesapfel in tedesco e pomo (o mela) d’oro in italiano, fanno tutti esplicito riferimento all’arte amatoria.
Diversamente altre fonti fanno risalire il nome ad una storpiatura dell’espressione pomo dei Mori, giacché il pomodoro appartiene alla famiglia delle solanacee, al pari della melanzana, ortaggio preferito da tutto il mondo arabo.
Ai giorni nostri, con l’eccezione dell’italiano, le vecchie espressioni, precedentemente citate, sono state tutte sostituite da derivazioni dell’originario termine azteco ‘tomatl’. In questo caso, il nome è frutto di un errore. Infatti, la pianta che fu importata in Europa era chiamata dagli Aztechi ‘xitomatl’, che significa grande tomatl. La tomatl era un’altra pianta, simile al pomodoro, ma più piccola e con i frutti di colore verde-giallo (chiamata oggi Tomatillo e impiegata nella cucina centro-americana). Furono quindi gli Spagnoli che chiamando entrambe i frutti ‘tomate’ diedero origine ai nomi moderni nelle lingue europee.

Come è arrivato sulle nostre tavole?

Ricostruzione ancora più complessa è quella su come e dove, nell’Europa barocca, questo frutto esotico ornamentale, accompagnato da una ricca serie di credenze e dicerie popolari, comparve sulla tavola di qualche coraggioso (oppure affamato) contadino.
Infatti, anche gli stessi indigeni del Perù, primi coltivatori del pomodoro, usavano il frutto solo a scopo ornamentale.
Le prime sporadiche segnalazioni di impiego come alimento commestibile, fresco o spremuto e bollito per farne un sugo, si registrano in varie regioni dell’Europa meridionale del XVII secolo. Verso la fine del Settecento la coltivazione a scopo alimentare del pomodoro conobbe un forte impulso in Europa, principalmente in Francia e nell’Italia meridionale. Ma mentre in Francia il pomodoro veniva consumato soltanto alla corte dei re, a Napoli si diffuse rapidamente tra la popolazione più umile.
Nel 1762 ne furono definite le tecniche di conservazione in seguito agli studi di Lazzaro Spallanzani che, per primo, notò come gli estratti fatti bollire e posti in contenitori chiusi non si alterassero. In seguito, nel 1809, un cuoco parigino, Nicolas Appert, pubblicò l'opera L'art de conserver les substances alimentaires d'origine animale et végétale pour pleusieurs années, dove fra gli altri alimenti era citato anche il pomodoro.
Nelle Americhe il passaggio fu più lento, essendo molto ben radicata la convinzione della sua tossicità.
Nel 1820, il colonnello statunitense Robert Gibbon Johnson decise di mangiare, provocatoriamente, davanti ad una folla un pomodoro, dimostrando di non subire alcuna disastrosa conseguenza. Addirittura, si narra, che alcuni avversari politici di Abrahm Lincoln convinsero il suo cuoco a preparare una pietanza a base di pomodoro per avvelenarlo. Dopo la cena la congiura fu scoperta, e l’episodio contribuì addirittura a rendere molto popolare il pomodoro, poiché Lincoln ne divenne un appassionato consumatore.
Nel 1819, il grande cuoco napoletano di corte Vincenzo Corrado pubblica Il Cuoco Galante, dove sono descritte molte ricette con pomodori farciti e poi fritti:
Per servirli bisogna prima rotolarli su le braci o, per poco, metterli nell'acqua bollente per toglierli la pelle. Se li tolgono i semi o dividendoli per metà, o pure facendoli una buca.

(Il cuoco galante, 1773 Napoli, prima ed.)

Finalmente nel 1839, il napoletano Don Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, codificando quello che presumibilmente era diventata nel popolino un’usanza alquanto diffusa, nella seconda edizione della sua Cucina Teorico Pratica propose di condire la pasta col pomodoro e illustrò la prima ricetta del ragù.

Da lì il pomodoro divenne uno degli ingredienti con i quali far sbizzarrire la fantasia e il gusto, dando vita all’innumerevole utilizzo che tutt’oggi manteniamo quale caposaldo della nostra alimentazione.
Addirittura la scrittrice Matilde Serao (1856-1927), commettendo un anacronismo, attribuisce ad un mago del ‘200 la ricetta dei maccheroni con il pomodoro. Non possiamo che commentare che gli abbinamenti tra il sugo di pomodoro e la pasta, la pizza e le altre conosciute specialità sembrano veramente essere nate grazie a delle intuizioni che hanno molto di magico.
Questa ben riuscita avventura del pomodoro ha reso e renderà felici non solo generazioni di italiani, ma tutti coloro che amano e apprezzano la buona cucina in tutto il mondo!
 

Spero che questa piccola parte del carambolesco viaggio compiuto dal pomodoro per giungere sino alle nostre cucine sia stata per voi una lettura interessante. A seguire vi propongo alcune mie ricette semplici e sfiziose nelle quali potrete impiegare al meglio questo straordinario prodotto, capace di liberare e soddisfare la fantasia di ogni cuoco.

Buona Lettura e Buona Cucina a Tutti!

 

Realizzazione: Luigi Farina ( lfarina52@hotmail.com )

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