Non è detto, infatti, che il taglio più costoso sia sempre adatto allo scopo. C'è di più. Non sempre i tagli più costosi sono anche i più nutrienti. Comunque, non sempre i tagli più costosi sono i più adatti ad ogni tipo di preparazione. Il filetto, ad esempio, il taglio più tenero del bovino, non è più nutriente di una fettina di spalla del quarto anteriore, che s'intenerisce quanto il filetto se è pestato per alcuni minuti col batticarne. Il filetto è il taglio più costoso e più ricercato, ma se non è opportunamente trattato in cucina con salse idonee e attente cotture, può risultare - nonostante tutto e proprio perchè è quasi privo di tessuto muscolare - un insipido e stopposo pezzo di carne. Il filetto, posto in una zona anatomica del bovino che lavora pochissimo, quasi niente, non s'indurisce come i muscoli degli arti anteriori e posteriori e resta morbido più di tutti.
Queste osservazioni sono quasi ignorate dalle massaie. È dimostrato dal fatto che, nonostante la notevole differenza di prezzo fra i tagli dell'anteriore e del posteriore, mediamente, su 10 quarti di bovino venduti, soltanto due sono anteriori e gli altri otto sono posteriori. Secondo recenti dati forniti dall'Istat, una famiglia di tre persone consuma in media 6 kg. di carne bovina il mese. La media, dunque, ci dice che ognuno di noi mangia 66 gr. di carne il giorno. Non poco, se si pensa ai consumi molto più bassi - meno europei - anche di solo mezzo secolo fa. Se quella famiglia virtuale presa in esame dall'Istat ricorresse ai tagli del quarto anteriore, anziché a quelli del posteriore, risparmierebbe più di 400mila lire l'anno. Fra l'altro, la predilezione per i quarti posteriori si dice determini il ritiro dal mercato di milioni di quintali di quarti anteriori, in parte esportati in paesi dove non sono affatto trascurati dal consumatore, e in parte utilizzati dalle industrie di trasformazione (carne in scatola, hamburger, precotti, ripieni, ecc.), in parte impiegati nelle mense collettive. Lo stock invenduto, tuttavia, resta ingente.
Anche in macelleria, dunque, è necessario attivare leggi di mercato che indirizzino il consumatore. Oggi, la donna, che nonostante l'affrancamento dai lavori di casa resta pur sempre l'artefice del pranzo domestico, ha meno tempo e meno voglia di mettersi ai fornelli. Meno tempo nel caso che lavori fuori di casa e meno tempo anche perchè s'interessa d'altre attività, di tipo culturale o sociale. La donna, giustamente, non vuole più essere schiava del "cosa faccio oggi da mangiare?". Vede in presa diretta o in televisione un mondo che si evolve. Pretende di non essere più costretta a passare molte, spesso troppe, ore davanti ai fornelli. La gastronomia, del resto, s'è evoluta. La sua storia, compresa fra l'invenzione del fuoco e quella del frigorifero, è mutata in pochi anni al punto tale da provocare cambiamenti di costume. In questa situazione, la donna ha ridotto il tempo da dedicare alla cucina. Non ne è più gratificata. I suoi "clienti", il marito, i figli, i famigliari, non sono quasi mai a casa. Quando ci sono, mangiano in fretta, schiavi della televisione. Sono già sazi, ipernutriti. Per chi dovrebbe perdere il proprio tempo, oggi, la donna? Preferisce dedicarlo alla cura del proprio corpo, alla lettura, alle amiche, allo shopping, alla televisione e, perché no?, alle chiacchiere. Ma credo che anche questo le possa essere consentito.
Al momento di entrare in cucina, se la passione per la buona tavola non è tanto radicata in lei per ragioni culturali o famigliari, scatta la molla della noia. Ecco perchè, oggi, l'industria dell'alimentazione cerca sempre più di aiutarla con preparazioni semilavorate. Va, insomma, in aiuto della sua fantasia stanca o pigra. Nascono suggerimenti legati a prodotti che non hanno bisogno di troppo tempo per essere preparati. Incalza una cultura americana del cibo, che negli Stati Uniti ha già raggiunto livelli per noi non più del tutto esecrabili. Avete sicuramente visto di persona o in televisione come una massaia e un single americano preparino la prima colazione o la cena. Da quelle parti, il nostro cosiddetto pranzo, quello di mezzogiorno, è in pratica inesistente. Quasi nessuno torna a casa dal posto di lavoro, che magari si trova a diversi km. dal luogo di residenza. Spesso, per andare a lavorare, l'americano prende il treno o la metropolitana. Non ha il tempo, ma neanche l'abitudine, la cultura, del ritorno a casa, che per noi, almeno sino a qualche tempo fa, era una sorta di rito. Oggi, anche in Italia, circa 13 milioni di persone, a mezzogiorno, mangiano lontano da casa, sul posto di lavoro, in una
mensa aziendale, in uno snak bar, in punti di ristoro che, bene o male, si sono attrezzati alla bisogna.
Nasce, quindi, la necessità d¹intervenire in aiuto alla donna che non ha tempo, ma anche a quella pigra o senza più fantasia. Il "cosa faccio oggi da mangiare" finisce per essere, per molte massaie, un quotidiano dramma esistenziale. A questa domanda possono rispondere gli operatori del settore, che sono gli alimentaristi, sui cui banchi di vendita si trovano i piatti già confezionati, o gli stessi macellai, che più di altri possono fornire preparazioni igienicamente adatte e convenientemente nutrienti. Tutto sta nell'avere la fantasia giusta e una buona professionalità, nell'essere capaci di proporre, anche da questo punto di vista, un corretto rapporto fra la qualità e il prezzo.
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