Ricordate il vecchio detto: ”Riso fa buon sangue”.
Il brano ha per titolo:
GLI ARCHITETTI IN CUCINA
Domanda: secondo voi perché uno va al ristorante?
Risposta: per mangiare, ovvio.
Ovvio un corno. Mi sa che questo concetto basilare è via via evaporato dalle menti dei ristoratori sempre più attenti alla forma e meno al contenuto.
Ho cioè la sensazione che oggi, per aprire un ristorante, sia più importante trovare un architetto che un buon cuoco. Per carità. I locali sono troppo trendy, gli arredameti curatissimi, i materiali pregiati, i pavimenti di cotto, i muri salmonati, la musica giusta, le luci soffuse… ma nulla di questo si mangia. Scusate la mia logica terra terra. Non sarò
Raspelli, ma quando ingurgito una schifezza me ne accorgo. Se devo mangiare male, cucino io che sono un’esperta, a casa mia, che mi costa anche meno e non devo neanche passare le ore a cercar posteggio. Per non parlare delle attese estenuanti passate a gonfiarsi di pane come pesci rossi.
Quello del ristoratore è un mestiere serio. Non bastano i soldi. Prova a improvvisarti idraulico e cambiare tubi se non sai nemmeno da che parte si comincia, o attore se ti trema la voce e non hai memoria, o muratore se sei gracile come un grillo….
E’ che vorrei sapere dove sta il problema. Non ci sono cuochi in circolazione? Non ci credo. Costano troppo? Beh, vorrà dire che si risparmierà un po’ di più sulle candele: le tasse massacrano? Lo fanno con tutti, è un po’ la loro prerogativa. E dire che noi ragazzi del Sessanta in su siamo anche tanto di bocca buona, molto più tolleranti dei nostri padri che mangiano fuori con l’unico obiettivo di mangiare, mica di trastullarsi in chiacchiere inutili. Però non siamo completamente
badola.
Il massimo, poi, sono i ristoratori isterici che più il locale è pieno e più danno di matto. Tu entri e loro ti odiano, lo vedi dallo sguardo amabile come quello di una vipera del Gabon.
Che fare allora? Andare sul sicuro. Soliti locali. Facendo code in strada come alla posta centrale o prenotando con molto anticipo pur sapendo che i tempi di attesa sono più o meno quelli di una Tac.
Tratto
da: Sola come un gambo di sedano di Luciana
Litizzetto edito da Arnoldo Mondadori
Editore
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