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Testi di Gino Adamo - Data ultima revisione: 2 Gennaio 2002 Pagina realizzata da Luigi Farina (lfarina52@hotmail.com) |
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(…) in una giornata d’inverno, rientrando a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di prendere, contrariamente alla mia abitudine, un po’ di tè. Rifiutai dapprima, e poi, non so perché, mutai d’avviso. Ella mandò a prendere uno di quei biscotti pienotti e corti chiamati Petites
Madeleines, che paiono aver avuto come stampo la valva scanalata d’una conchiglia di San Giacomo. Ed ecco macchinalmente oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione d’un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzetto di Madeleine. Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di biscotto toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M’aveva subito resi indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità illusoria, nel modo stesso in cui agisce l’amore, colmandomi d’un’essenza preziosa: o meglio quest’essenza non era in me, era me stesso. Donde
m’era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo ch’era legata al sapore del tè e del biscotto, ma lo sorpassavano incommensurabilmente, non doveva essere della stessa natura. Donde veniva? Che significava? Dove afferrarla? Bevo un secondo sorso in cui non trovo nulla di più che nel primo, un terzo dal quale ricevo meno che dal secondo. E’ tempo ch’io mi fermi, la virtù della bevanda sembra diminuire. E’ chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me. Essa l’ha risvegliata (…). Depongo la tazza e mi rivolgo al mio animo. Tocca ad esso trovare la verità. Ma come? (…)»
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L. F. Soft di Luigi Farina |
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