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Testi di Gino Adamo - Data ultima revisione: 3 Dicembre 2001

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La gastronomia

Scritta "Cenni storici"

La gastronomia nella storia e nella letteratura

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     Nei paesi del Nord Europa, certi anni di scarsità e di prezzi elevati avevano un effetto stimolante sul commercio a lunga distanza. Ad esempio, un periodo di carestia ad Amsterdam diede impulso a un commercio baltico su vasta scala che continuò ad esistere anche in seguito. Una fase di scarsità di cereali verificatasi nell’Italia settentrionale in anni successivi al 1590, determinò un traffico di grano dall’Europa Nord-occidentale al Mediterraneo: si stabilì in tal modo un legame commerciale che divenne permanente, anche, se, una volta superata la crisi di cereali, si passò a trattare altri tipi di merce. E’ un principio generale proprio delle economie preindustriali che esse si basino sulle colture locali: si prendeva ciò che si aveva a disposizione. Non di rado questo adattamento alle condizioni ecologiche conduceva ad un grave squilibrio dietetico. Vi sono regioni europee in cui gli abitanti vengono decisamente indirizzati verso il consumo di un solo alimento: porridge, verdura, carne, pesce, cacciagione.

     Vi erano un vitto dei ricchi e uno dei poveri. A una festa nuziale, ad esempio, il prete pasteggiava col vino, una bevanda di consumo disponibile, nei paesi nordici, solo attraverso le importazioni dall’estero, mentre i contadini si contentavano dell’acquavite, prodotta sul luogo. Agli avventizi e ai braccianti, alloggiati alla men peggio, veniva data col cibo birra chiara fabbricata nella fattoria. 
Un esempio di gerarchia sociale del vitto può essere citata attraverso il consumo dell’aringa salata in un’azienda svedese del Settecento.

     A ciascun nucleo familiare venivano assegnate tre aringhe: la prima spettava al pater familias, la seconda al capobracciante e la terza alla cuoca. Il capofamiglia divideva la sua aringa in tre porzioni e teneva per sé la parte centrale, dando alla moglie la testa e al primogenito la coda. Anche il bracciante divideva in tre la sua aringa, consumando la parte centrale e dando quella anteriore e quella posteriore rispettivamente all’aiutobracciante e al garzone. La cuoca, dopo aver tagliato la sua aringa, la spartiva con il resto della famiglia.

     Il cibo costituiva allora la ricompensa del lavoro e il pagamento per i servizi resi: re e signori locali accettavano tributi corrisposti in prodotti alimentari e se ne servivano come mezzo di pagamento.
Nella storia della cucina si possono individuare epoche diverse: un periodo barocco in cui si prediligeva l’abbondanza, e un periodo rococò, in cui si tendeva invece alla delicatezza e durante il quale, accanto al vino, alla birra e all’acquavite, vennero introdotte due nuove bevande, il tè e il caffè, mentre diminuiva al contempo il consumo di carne. Ma i banchetti e le feste reali continuavano ad essere vere e proprie orge di cibi e bevande. Al popolo non restava che guardare e sognare …

 

 

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