Larghissimo uso di molluschi a scopo alimentare è attestato, fin dal Paleolitico, in numerose comunità di nostri remoti antenati. L’esame dei gusci ha consentito di datare, con buona approssimazione geologica, che l’uomo di Terracina, vissuto sessantamila anni fa, viveva in condizioni climatiche molto simili a quelle dell’attuale Indonesia. I resti fossili sono circondati da valve e gusci di conchiglie che ora prosperano solo nei mari della Sonda. La dieta alimentare era nel Paleolitico ampiamente fondata sui molluschi. Se ne sono trovate tracce abbondanti in molte regioni del pianeta, dalle coste baltiche fino alle remote latitudini della Patagonia, in Sudamerica. Si tratta quasi sempre di comunità umane stanziate in regioni rivierasche. La percentuale composita di diverse specie di molluschi lascia però supporre che i raccoglitori fossero animati da una fame formidabile che non gli consentiva d’andare troppo per il sottile: insomma dominava il comandamento “raccogli quello che trovi”. Dati i tempi c’era poco d’essere schizzinosi.

     Tuttavia, alcuni studiosi, esaminando molte arcaiche stazioni di rifiuti (come ad Harris, un’isola al largo della costa scozzese) hanno potuto stabilire che, con ogni verosimiglianza, la dieta di quei nostri lontani parenti non era così grossolanamente casuale come finora si è voluto ipotizzare: al contrario, in molti siti appaiono in evidenza precisi gusti alimentari, che implicano cioè scelte ben definite fra diversi potenziali alimenti.

     Gusci di molluschi od ossa di bovini disposte in forma rituale, nelle isole britanniche, confermano che, sul declinare del Neolitico, i molluschi si affermano come dieta abituale presso i popoli coltivatori e allevatori. In particolare molluschi e verdure costituiscono non soltanto un’alimentazione sufficiente a soddisfare le correnti esigenze nutritive, ma altresì rappresentano una salutare alternativa alla carne di manzo, suina e ovina.