|
|
|
Go to English Version (Not available) |
Testi di Gino Adamo. Pagina realizzata da Luigi Farina Data ultima revisione: 25 Giugno 2001 |
|
torna all'indice degli articoli
Beethoven al mattino si levava all’alba, e subito
si metteva al lavoro di buona lena: annotava le idee musicali sortegli
durante la notte, oppure ritoccava qualche lavoro in corso. Poi veniva
il bagno; ch’era per lui un momento di grande piacere. Si rovesciava
in testa diverse brocche d’acqua fredda; indi, così tonificato,
riprendeva il lavoro interrotto.
Dopo un po’ - intorno a metà
mattinata - si preparava il caffè nella sua macchinetta di vetro: dopo
aver contato meticolosamente sessanta chicchi esatti. Quando il lavoro
si aggrovigliava, indossava deciso la redingote, si calcava in testa la
tuba e usciva all’aria aperta, a schiarirsi le idee.
Terminata la
passeggiata mattutina, Beethoven tornava al lavoro.
Scriveva ad una velocità sbalorditiva, con una grafia minuta e
indecifrabile, mugolando cupamente ciò che sentiva nascere dentro di sé.
Non esisteva un’ora per il
primo pasto. Talora, tutto preso dagli ardori creativi, se ne
dimenticava addirittura. Raccontano che a tavola si rallegrava e ci
stava volentieri, benchè di solito, mangiasse a casa, per poter
riprendere subito il lavoro interrotto. Ma allorchè voleva concedersi
una pausa distensiva faceva un’eccezione: andava in trattoria con gli
amici. Dove ordinava uno
dei suoi piatti preferiti: i maccheroni col cacio parmigiano. Fra le
minestre amava più di tutte una zuppa, nella quale affogava non meno di
dodici uova. Alla carne preferiva il pesce, in particolare il nasello
con patate. Beveva acqua di pozzo in grande quantità, specialmente nei
mesi estivi; tra i vini
preferiva il “vin di costa” di Budapest e i vini d’Austria
leggeri. Dopo mangiato si poneva al pianoforte con grande
lena. Beethoven produceva molto, ma a costi psico-fisici decisamente
sfibranti. Tanto che a metà pomeriggio, esausto, sentiva il prepotente
bisogno di uscire un’altra volta, a prendere aria. Si recava allora
fuori città, si sdraiava in mezzo al verde, qualunque tempo facesse:
anche con la pioggia, gli occhi fissi al cielo. Cenava di rado; la sera si limitava a volte a prendere un piatto di minestra o quello ch’era avanzato del desinare precedente. Più tardi, dopo aver ritoccato ciò che aveva composto durante la giornata, si recava ad un “caffè” vicino casa, dove si concedeva un bicchiere di birra. Accendeva la pipa e s’immergeva, fumando, nella lettura dei giornali. Tornato a casa, dopo una lettura dei suoi autori preferiti (Goethe, Schiller, Ossian, Omero), si coricava. Alle 22 di solito già dormiva.
|
torna all'indice degli articoli
|
|
|
|
L. F. Soft di Luigi Farina | |
E-mail: lfarina52@hotmail.com | |
|