In tempi poco
fortunati, durante le due guerre mondiali e
anche per qualche tempo dopo, gli italiani
furono costretti ad alimentarsi con cibi
razionati, in molti casi a usare anche in cucina
i tristemente famosi "surrogati". Erano gli anni
del "Lanital", della lana ricavata dal latte, e
di altre strane "invenzioni" chimiche. Negli
anni di guerra, le scarse possibilità economiche
e la politica dell'autarchia, spinsero gli
italiani ad alimentarsi come suggeriva il
governo. Durante il primo conflitto mondiale,
l'appello alla rinuncia fu fatto nel nome dei
valori patriottici e irredentisti, mentre nella
ancor più triste occasione del secondo il regime
fascista dovette ricorrere smaccatamente a bugie
di ordine dietetico, la cui scarsa veridicità
gli italiani ebbero modo di costatare in fretta
sulla loro stessa pelle.
Oggi, ad esempio,
è quasi scomparsa l'abitudine di ricorrere a una
tazza di "caffè" di cicoria. In passato, invece,
quando l'acquisto dei chicchi aromatici
provenienti dall'Arabia o dal Sud America
incideva notevolmente sul bilancio familiare,
era vantaggioso ricorrere ad alcuni vegetali che
potevano fornire una bevanda calda e
corroborante, dal sapore simile a quello del
caffè "vero", pur non avendone le stesse
proprietà chimiche. Il caffè di cicoria, il più
gettonato, si otteneva dalle radici della pianta
erbacea delle Composite. Essiccate, tostate e
macinate, queste radici servivano a preparare il
"caffè" con la classica "macchinetta"
napoletana, avendo l'avvertenza di riempire il
filtro solo per metà. La tostatura era
necessaria perchè trasformava in caramello (dal
tipico colore bruno e dal sapore amarognolo) una
parte degli zuccheri naturali contenuti nelle
radici. Miscelato con orzo e segale tostati, il
"caffè" di cicoria si vende ancora oggi. Tornare
a bere i surrogati del caffè può essere utile:
hanno una delicata azione diuretica senza le
controindicazioni tipiche dell'"espresso" e di
bevande affini.
Fin dal XVII
secolo, la cicoria è stata impiegata per usi
alimentari. Ancora oggi, alcune varietà della
pianta sono comunemente coltivate. Solo a
partire dal XVII secolo, fu usata anche come
surrogato del caffè. Curioso è l'episodio del
blocco continentale operato nel 1806 da
Napoleone che, vietando ogni importazione di
prodotti provenienti dall'Inghilterra e dalle
sue colonie, contribuì a diffondere l'uso del
"caffè" di cicoria. Dopo la soppressione del
blocco, la pianta cadde nuovamente nell'oblio,
ma durante le due guerre mondiali tornò
drammaticamente di moda.
Un'altra bevanda
che negli anni difficili prese il posto del
caffè fu il carcadè, ottenuto da un'erba
dell'Africa centrale giunta in Italia all'epoca
della guerra d¹Abissinia e nel cui infuso sono
stati trovati acido acetico e caffeina. Per
molti anni, comunque, i surrogati nati in tempi
d'indigeneza continuarono a comparire sulle
tavole dei meno abbienti. Il surrogato di caffè
noto come Miscela Leone è tuttora
commercializzato. Per ragioni ben diverse da
quelle economiche, infatti, oggi molte persone
al caffè normale o decaffeinato preferiscono
quello d'orzo.
Le ragioni
dell'impiego dei surrogati non furono soltanto
dettate dalla guerra. All'inizio degli anni 30,
le importazioni di prodotti alimentari,
soprattutto di grano, subirono un notevole calo
provocato sia dalla crisi economica mondiale sia
della politica autarchica che esortava gli
italiani a consumare riso, pesce e formaggi
nazionali. Il mito fascista di "uno stile di
vita frugale e guerriero" si diffuse attraverso
una serie di slogan, che volevano essere
l'immagine della saggezza popolare e incitavano
la popolazione a sostituire la carne col pesce,
i legumi o con altri prodotti nazionali.
L'Ufficio propaganda del Pnf pubblicò un
opuscolo di consigli, norme dietetiche,
ammonizioni che miravano alla limitazione dei
consumi. Le illustrazioni avevano lo scopo di
mostrare l'infelicità, la noia e i malanni da
eccesso di cibo, ed erano accompagnate da
espliciti titoli dei capitoli: "Ne uccide più la
gola che la spada", "L'appetito è il miglior
condimento" e "Gli obesi sono infelici".
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