Aprile

2003

Spaghetti Italiani - Portale di Gastronomia

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Per essere autentico deve avere quattro requisiti: essere stato impastato con lo strutto migliore, fritto nell’identico condimento, servito caldo e spolverizzato di zucchero a velo. Il tocco finale, per il quale un goloso esigente non accetterà mai la minima variante, è il ripieno, obbligatoriamente la marmellata d’albicocche. Ogni altra concessione è bandita: dalla diffusissima crema inglese alle varianti al cioccolato che fanno arricciare il naso ai pasticceri raffinati. Qualcuno, più indulgente, transige sulla panna montata, ma solo perchè ad ammetterla sono gli stessi austriaci, gli "inventori" del krapfen. Proprio in Austria, esattamente nei pressi di Graz, il capoluogo della Stiria noto come "la città nel verde" per la sua splendida posizione sulla Mur, è nato già nel

‘600 il fragrante dolce ripieno, conosciuto anche in Baviera, come "Faschingsk krapfen auf Grazer art", "dolce di Carnevale alla moda di Graz".

L’origine, dunque, è collegata alle feste di Carnevale, quando i krapfen erano fritti e venduti nelle strade. E il nome? Perchè krapfen? Non esistono certezze. Qualcuno lo fa risalire a quello di un villaggio vicino a Graz, i cui abitanti avrebbero gustato per primi questa "frittella" che non somiglia a nessun’altra. Altri sostengono che Krapfen fosse il nome di un farmacista: come tutti i suoi colleghi nell’Austria del XVII secolo, egli univa alle conoscenze di farmacopea anche quelle di pasticceria. Sarebbe lui, dunque, l'inventore del "bombolone" austriaco e, in questo caso, l’origine risalirebbe certamente al ‘600, perchè successivamente un editto impedì ai farmacisti di dedicarsi contemporaneamente all'arte della pasticceria.

Molti, posti di fronte all'alternativa tra unguenti balsamici e tisane o torte e creme, scelsero saggiamente queste ultime.

Il krapfen, dunque, è vecchio di secoli. Da Graz fu presto esportato a Vienna, raffinata capitale dell'Impero e culla della Sachertorte, suscitando gli entusiasmi di aristocratici e borghesi. Da qui si diffuse poi nel Lombardo-Veneto e soprattutto in Trentino. È naturale, quindi, che nei centri dolomitici si mangino ancora oggi degli ottimi krapfen, forse i migliori che si possono trovare in Italia. Fatta eccezione, naturalmente, per un paio di pasticcerie milanesi specializzate in dolci austriaci e per qualche forno dall’aria casalinga che si trova ancora a Modena.

Perché Modena? La spiegazione è semplice. Questa città è stata per circa due secoli e mezzo capitale di un Ducato e dalla Restaurazione in poi dopo l’invasione napoleonica in Italia, fu governata ancora dagli Estensi, ma dal loro ramo asburgico. Fu per questa ragione che a corte giunsero molti cuochi e pasticcieri importati dalla Mitteleuropa. È probabile che uno di questi abbia portato sulla tavola ducale il dolce di Graz. Dal palazzo, la ricetta del krapfen è poi facilmente uscita per giungere sino nelle case dei borghesi modenesi. Questi, però, hanno trasformato sia la natura del dolce sia lo stesso nome. Al posto della marmellata d¹albicocche usano la crema pasticciera e il nome è divenuto quello meno gutturale di “crafen”.

La ricetta autentica fa appello a ingredienti essenziali: la farina, il lievito, il latte, le uova, lo zucchero, un pizzico di limone, un po’ di sale, lo strutto (ma anche in Germania e in Austria ora è ammesso l’olio extravergine d’oliva) e il ripieno di marmellata. Il segreto, va da sè, sta nel cambiare continuamente l’olio di frittura che deve essere sempre nuovo e bollente. I puristi storcono il naso, sdegnati all’ipotesi dei krapfen fritti nell’olio. Assicurano che l’ideale è lo strutto, ma come si fa a formalizzarsi, quando in giro si vedono dei prodotti industriali cotti in forno, magari col ripieno di cioccolata, e con bene in vista la scritta "krapfen"? La differenza tra un vero krapfen e i vari dolci fritti ("bomboloni" a Rimini o "bombe alla crema" a Roma) è evidente anche per il palato meno sofisticato. Il krapfen non deve mai essere farcito dopo la cottura, perchè se la marmellata è "siringata" dopo che il dolce è stato fritto, il gusto della confettura non si trasmette a tutta la pasta, ma solo alla parte che la siringa è riuscita a raggiungere. Il secondo elemento in grado di mettere in guardia dai "finti" krapfen è lo zucchero. Deve essere in polvere, mai semolato. Solo così si sparge uniformemente su tutta la superficie del dolce ancora caldo. Oggi, però, i krapfen sono venduti freddi e vecchiotti, prodotti in catena industriale. E del vero dolce austriaco, purtroppo, mantengono soltanto il nome.
 

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