ERIC
ANDERSEN – voce e chitarra
MICHELE
GAZICH - violino
Il grande
cantautore americano viene a Roma per presentare
il suo nuovo album, Beat Avenue (Appleseed / IRD),
un doppio cd che ripropone la sua scrittura
intensa e ispirata. Il brano che dà il titolo al
disco è un lungo poema in cui Andersen rievoca
il giorno dell'assassinio di John Kennedy a
Dallas.
Nel concerto
che si terrà al Big Mama Andersen sarà
accompagnato al violino da Michele Gazich, noto
per le sue collaborazioni con Michelle Shocked,
Massimo Bubola e Luigi Maieron e attualmente
impegnato nel tour europeo di Victoria Williams
e Mark Olson.
Il concerto
sarà preceduto da un incontro con Andersen alle
17.15 al Lettere Caffé (Via di San Francesco a
Ripa 100). L'incontro sarà condotto da Giancarlo
Susanna, critico musicale dell'Unità, e alcuni
testi verranno letti dall'attore Simone Felici.
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BIOGRAFIA
Nato a Pittsburgh,
Pennsylvania, il 14 Febbraio 1943, Eric Andersen
è uno dei più importanti cantautori americani.
Dotato di una voce calda e incisiva e di uno
stile chitarristico semplice quanto efficace, è
salito alla ribalta a metà degli anni '60,
quando il Greenwich Village di New York era al
centro di quello che fu chiamato folk boom, un
revival della musica tradizionale e d'autore che
lo ha avuto subito tra i suoi protagonisti.
"Una volta Leonard Cohen venne da me mi disse,
"Io sono un poeta e non ho mai pensato di
scrivere canzoni, ma ho sentito "Violets Of Dawn"
e ho cominciato a farlo". Anche a Kris
Kristofferson piacevano le mie canzoni sexy, le
mie canzoni d'amore. Lo hanno aiutato a scrivere
il tipo di cose che ha fatto a Nashville, come
"Help Me Make It Through The Night". Ha detto
che la mia "Come To My Bedside" gli è servita da
ispirazione per tentare di scrivere canzoni di
quel genere.
Ho imparato a
suonare la chitarra da vecchi dischi di
rockabilly. Tra questo, la lettura di Jack
Kerouac e il fantasticare di viaggi, decisi
finalmente di fare l'autostop diretto in
California. Lavoravo in un posto in cui
lavoravano anche Janis Joplin e Howard Hesseman.
Anche Dino Valenti, che ha scritto "Come On
People, Let's Get Together" ci suonava ogni
tanto e io ho cominciato a cantare una volta a
settimana. Una sera venne Tom Paxton, mi sentì e
mi disse che scrivevo delle belle canzoni. Mi
suggerì di andare a New York.
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Io ci andai e lui
mi presentò a Robert Shelton. A Shelton piacqui
e fece un paio di telefonate. Una all'Elektra,
ma il proprietario era fuori città. Poi chiamò
la Vanguard e il proprietario era in città, così
finii alla Vanguard. Fu soltanto per un caso.
Shelton mi
presentò a Milt Okun, un produttore che accettò
di pubblicare le mie canzoni.
Poi mi procurò il
primo concerto, che fu al Folk City, e scrisse
un recensione molto positiva. Aprii la serata
per John Lee Hooker. Era il 1964. Ero così
nervoso che facevo fatica a reggermi in piedi.
Tremavo come una foglia. Penso che cantai le mie
canzoni troppo velocemente. Feci un set di
quarantacinque minuti in venti. Cantai "Come To
My Bedside" e un sacco di canzoni sul
vagabondaggio. All'epoca mi piaceva molto,
vagabondare. Avevo paura. C'era tutta questa
eccitazione. Io ero il nuovo arrivato in
città... "Vediamo cosa sa fare". Credo ci
fossero Dylan, Phil Ochs, Paxton - io ero il
nuovo giovane punk. Tutti mi venivano a vedere.
Io ero molto eccitato ed esaltato, ma al tempo
stesso ero molto nervoso". (da "Bringing It All
Back Home", di Robbie Woliver, New York, 1986).
Preso sotto contratto dalla Vanguard, che con l'Elektra
era la più importante etichetta discografica del
settore, conquistò la notorietà prima come
autore - "Thirsty Boots", "Violets Of Dawn" e "Close
The Door Lightly" furono riprese fra gli altri
da Judy Collins e dai Blues Project - e poi come
protagonista di una serie di bellissimi album.
Nel 1968 anticipò
con "A Country Dream" quella che con i Byrds e
Bob Dylan sarebbe diventata quasi una moda,
colorando con accenti di country music le sue
splendide ballate. Passato alla Warner Bros,
realizzò due album molto diversi tra loro: "Avalanche"
(1969), elettrico e segnato da una lucida
invettiva contro la guerra in Vietnam, "For What
Was Gained", e "Eric Andersen" (1970),
nuovamente influenzato dal country. Visto che il
successo commerciale continuava a eluderlo,
Andersen passò quindi alla Columbia, con cui
fece uscire quello che viene in genere
considerato il suo capolavoro, "Blue River"
(1972). Prodotto a Nashville da Norbert Putnam,
"Blue River" è uno dei vertici della canzone
d'autore americana di quegli anni e può essere
tranquillamente accostato a capolavori come
"Blue" di Joni Mitchell, "Harvest" di Neil Young
o "Blood On The Tracks" di Bob Dylan. "Blue
River" è stato ristampato nel 1999 dalla
Columbia/Legacy in una versione rimasterizzata.
Dopo aver smarrito i nastri dell'album che
avrebbe dovuto consolidare il successo di
critica e pubblico di "Blue River" - "Stages" è
uscito soltanto nel 1991, dopo che i nastri sono
stati ritrovati per caso - Andersen fu reclutato
da Clive Davis che, transfuga dalla Columbia,
aveva fondato la Arista. Con questa etichetta
pubblicò tre dischi: "Be True To You" (1975), "Sweet
Surprise" (1976) e "The Best Songs" (1977),
un'antologia in cui i classici del periodo
Vanguard erano riproposti per motivi
contrattuali in versioni differenti.
Nella seconda metà
del 1975, Andersen fu coinvolto con molti altri
musicisti, cantautori e poeti - Joni Mitchell,
Arlo Guthrie, Allen Ginsberg, Sam Shepard, Roger
McGuinn, Joan Baez, Ramblin' Jack Elliott, Mick
Ronson tra gli altri - nella Rolling Thunder
Revue di Bob Dylan. "Midnight Son" (CBS, 1981),
segnò il trasferimento di Andersen in Norvegia e
l'inizio di un periodo difficile, in cui scrisse
la colonna sonora per il film "Istanbul" di Marc
Didden (EMI, 1985) e pubblicò il disco "Tight In
The Night" (Wind and Sand, 1985). Brani tratti
da queste tre incisioni furono poi raccolti in "Exile
- European and Canadian Recordings 1980 - 1984)"
(Important Records, 1990).
Il ritorno in
grande stile, simile a quello di altri grandi
talenti "riemersi" alla fine degli anni '80,
avvenne nel 1988 con "Ghosts Upon The Road"
(Gold Castle): nel lungo brano che dà il titolo
all'album Andersen rievocava gli esordi della
sua lunga vicenda artistica. Il passo successivo
fu la formazione di un trio con il cantautore
norvegese Jonas Fjeld e Rick Danko, vecchio
amico e leggendario bassista/cantante della
Band. Gli album sono due: "Danko/Fjeld/Andersen"
(Ryko, 1991) e "Ridin' On the Blinds" (Grappa
Records, 1994). Il primo è stato ristampato nel
2002 con l'aggiunta di un cd live. Seguono "Memory
Of The Future" (Appleseed, 1999) e "You Can't
Relive The Past" (Appleseed, 2000).
Tra gli artisti
con cui Andersen ha collaborato ricordiamo
almeno Bob Dylan, Andy Warhol, Joni Mitchell,
Joan Baez, Lou Reed, Jackson Browne e Rick Danko.
(a cura di
Giancarlo Susanna)
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